È ormai necessario decidere che direzione di marcia debba prendere la Ue, che non è e non deve essere una sorta di comitato d'affari. Il Capo dello Stato Sergio Mattarella dalla Svezia parla a tutto campo, durante la prolusione sul futuro dell'Europa, all'università di Lund, sul momento complesso che vive l'Unione anche a seguito della Brexit e sulle sollecitazioni intense che deve assorbire. Se però la si considera come solo un unione di economia, ha quindi affermato Mattarella, «dirimente è allora un chiarimento introspettivo sulla direzione di marcia che i popoli europei intendono percorrere: il Trattato di Lisbona, nel suo preambolo, pone esplicitamente l'obiettivo di creare una Unione sempre più stretta tra i popoli d'Europa, le cui decisioni vengano assunte il più vicino possibile ai cittadini, secondo il principio di sussidiarietà». Ecco perché «non siamo, cioè, una semplice unione doganale, non siamo una sorta di comitato d'affari».
I cittadini sentono l'Europa lontana, addirittura la vedono come una fiera delle opportunità senza un'anima, ma questo è un sentimento di corto respiro cui si deve contrapporre l'idea di un'Europa dei cittadini. Ma noi, ha ribadito Mattarella, «siamo, anche considerando soltanto un approccio economico-commerciale, assai di più: un mercato unico, uno spazio economico con responsabilità da potenza globale, che si riverbera su molteplici aspetti, strettamente collegato alla libera circolazione delle persone». È anche vero, non nasconde il capo dello Stato, che «diversità di sensibilità, accentuatisi tra i membri dell'Unione, hanno visto emergere sentimenti di lontananza dei cittadini europei rispetto alle istituzioni comunitarie». Ma questa è «una linea di pensiero di corto respiro e che non riesce a considerare con attenzione non tanto ciò che abbiamo di fronte in un momento di crisi, quanto, piuttosto - ed è molto - ciò che è stato realizzato e viene oggi dato quasi per scontato, per acquisito una volta per sempre. Insieme all'esercizio di memoria, occorre dunque lavorare, ogni giorno, affinché trovi concreta applicazione la formula dell'Europa
dei cittadini».
L'Europa infatti deve «offrire ai suoi figli - ovunque siano nati - le stesse opportunità». È il cammino della cittadinanza europea insomma che va percorso «con lena e coraggio». Per arrivare ad una Europa «ove la "Generazione Erasmus" e la stessa "Generazione dell'Euro" - così ben rappresentate in questa Università - possano assumere sempre più la guida dei propri destini e rafforzare il senso profondo del disegno europeo per chi verrà dopo di loro».