Non bastavano le unioni civili. Sui diritti per le persone omosessuali la magistratura si è esibita nei giorni scorsi in un’altra sentenza creativa, aprendo addirittura la strada a un matrimonio gay. Occorre dire subito che si tratta di un caso particolare. Il via libera decretato dalla prima sezione civile della Cassazione il 31 gennaio scorso, con la sentenza n. 2.487, riguarda infatti un matrimonio celebrato in Francia da due cittadine francesi. Una però, Giuseppina La Delfa, co-fondatrice delle Famiglie arcobaleno, è anche cittadina italiana. E le associazioni gay ora salutano, secondo un’interpretazione un po’ massimalista, «il primo matrimonio riconosciuto in Italia tra due persone dello stesso sesso». Occorre invece contestualizzare una vicenda dai contorni complessi, in cui un certo conformismo giuridico di casa nostra si è intrecciato alla più aperturista legislazione europea.
Il combinato disposto ha prodotto il «grande risultato». Con la sentenza di lunedì scorso la Cassazione ha rigettato il ricorso del Comune di Santo Stefano del Sole (Avellino) contro la decisione della Corte d’appello di Napoli che, il 7 luglio 2015, «in riforma del decreto del tribunale di Avellino, ordinava la trascrizione del matrimonio celebrato in Francia tra Giuseppina La Delfa e Raphaelle Hoedts». Secondo i giudici napoletani, sulla base del diritto europeo, «trattandosi di coppia omosessuale legalmente coniugata secondo la legislazione dello Stato di cittadinanza, che ammette il matrimonio tra persone dello stesso sesso», l’Italia sarebbe in qualche modo costretta ad adeguarsi. Se un’unione coniugale, in sostanza, viene «riconosciuta come legale da uno Stato, non può l’altro Stato, in cui la stessa coppia coniugale intenda trasferirsi, disconoscere tale forma di unione».
Insomma, non una scelta dei giudici italiani – da noi il matrimonio omosessuale non esiste – ma un adeguamento alle norme europee, resa inevitabile anche dal fatto che le due persone coinvolte nella vicenda sono, come detto, entrambe cittadine straniere. Di fronte a questa evidenza, la Cassazione non avrebbe avuto altra scelta che respingere anche il ricorso dell’Avvocatura dello Stato che contestava integralmente la decisione della Corte partenopea e chiedeva fosse cassata. Soddisfatto l’avvocato Alexander Schuster, che con il collega Giuseppe Di Meo, ha seguito l’intera vicenda: «Abbiamo dimostrato che l’Italia non è impenetrabile, pur in un caso così particolare, al riconoscimento di un matrimonio tra persone dello stesso sesso». Ma sul fatto che sia una buona notizia è lecito dissentire.
La suprema Corte ha detto sì alla decisione della Corte d'appello di Napoli
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