Verdetto ribaltato: responsabile dei reati ascritti. L'ex sindaco di Roma Ignazio Marino è stato condannato a 2 anni di reclusione nel processo di appello che lo vedeva imputato per peculato e falso per la vicenda sulla rendicontazione degli scontrini di una cinquantina di cene di rappresentanza pagate con la carta di credito del Campidoglio, quando era primo cittadino. Marino - la camera di consiglio è durata poco più di due ore - è stato condannato anche a rifondere le spese processuali sostenute dalla parte civile (il Comune di Roma), mentre è stato assolto per l'accusa di truffa. Il pg Vincenzo Saveriano aveva chiesto per Marino una condanna a 2 anni e mezzo. In primo grado l'ex sindaco era stato assolto, una sentenza positiva che invece è arrivata in appello per l'accusa di truffa riguardo alla onlus Imagine della quale era presidente.
La difesa del sindaco
«La responsabilità di Marino è inesistente», ha detto l’avvocato Enzo Musco, difensore dell’ex sindaco di Roma al termine dell’arringa difensiva nel processo d'appello per la vicenda degli scontrini. Per il penalista «si ha l’impressione, leggendo l'atto di appello, che la procura consideri il sindaco della Capitale d'Italia, una sorta di burocrate che lavora a tempo per cene. Marino è riuscito a far guadagnare alla Capitale somme ben superiori alle modeste spese di rappresentanza sostenute». Il penalista ha concluso affermando che Marino, «in soli 28 mesi da sindaco ha dimostrato come si potesse cambiare il volto di una città». Poi è
arrivata la sentenza di condanna, che il legale ha bollato come «senza fondamento razionale». Anche per il chirurgo, questa è «una condanna incomprensibile», quasi una «sentenza dal sapore politico». E, aggiungendo di essere «amareggiato ma tranquillo con la mia coscienza», annuncia il ricorso in Cassazione.
La vicenda
Tutto nasce nel 2015, quando esplose il caso dei sodalizi culinari dell'allora sindaco Ignazio Marino pagate con i soldi pubblici. Una vicenda politica culminata con le dimissioni del sindaco l'8 ottobre 2015 quando i suoi stessi consiglieri Pd e Sel lo sfiduciarono. A essere contestate erano 56 cene tra il luglio del 2013 e il giugno del 2015, per complessivi 12.700 euro pagati con la carta di credito del Campidoglio in dotazione all’allora primo cittadino ma consumate, secondo gli inquirenti, «generalmente nei giorni festivi e prefestivi, con commensali di sua elezione, comunque in difformità della funzione di rappresentanza dell’ente». Sempre secondo l’accusa Marino aveva dato disposizioni alla sua segreteria perché «inserissero indicazioni non veridiche». Quanto alla onlus Imagine, della quale Marino fu presidente, l’ipotesi – questa scartata dai giudici – era che fosse stato truffato l’Inps. La struttura, che si occupava di aiuti sanitari a Paesi in via di sviluppo, avrebbe messo in atto delle assunzioni fittizie tra il 2012 e il 2014, con soggetti inesistenti per un guadagno ritenuto ingiusto di circa 6mila euro.
*** aggiornamento del 9 aprile 2019
ASSOLTO "PERCHÈ IL FATTO NON SUSSISTE"
Assoluzione "perchè il fatto non sussiste" per l'ex sindaco di Roma Ignazio Marino, imputato per peculato e falso nel processo sulla rendicontazione degli scontrini di alcune cene di rappresentanza pagate con la carta di credito del Campidoglio. La sesta sezione penale della Cassazione ha accolto il ricorso presentato da Marino contro la sentenza, emessa in appello l'11 gennaio 2018, che lo aveva condannato a due anni. L'ex sindaco era stato invece assolto in primo grado.