Calma piatta in casa dei centristi. Clima sereno tra i "montiani" del Pd. Il premier ha appena pronunciato la sua sorta di retromarcia rispetto all’ipotesi di un nuovo mandato, e i suoi sostenitori – ormai aperti, ufficiali meglio – non si scompongono affatto. «Era in programma, anzi, pensavamo a un colpo di freni più brusco dopo che era stato incoronato capo della lista dei moderati», commentano. E la spiegazione del partitone trasversale pro-Monti è semplice: mancano ancora tanti mesi alle elezioni, il governo deve andare avanti con le sue riforme e la maggioranza è divisa. C’è il Pdl, contrario nettamente a un Monti-bis e convinto che lo si voglia tagliare fuori, e il vertice del Pd impegnato nella sua campagna per le primarie, che non si piega all’idea di un passo indietro. Il Professore, insomma, non poteva fare altrimenti. Costretto a uscire allo scoperto negli States, ora doveva raffreddare.C’è però chi la spiega diversamente. Sempre a Largo del Nazareno, i democratici pro-Bersani e pro-Renzi sperano che il presidente del Consiglio provi a ragionare su un suo mandato al Quirinale. Sarebbe un modo di garantirsi quel ruolo da super partes per cui è stato chiamato nell’emergenza, e un segnale di continuità con la presidenza Napolitano. E soprattutto sarebbe l’occasione di restituire il campo alla politica. Non la pensa così Walter Veltroni, anche lui uscito allo scoperto con la sua corrente democratica: l’ex leader pd ricorda i tecnici passati per Palazzo Chigi. «In questo momento il Paese ha bisogno di statisti, politici o tecnici poco importa».Né la politica sta abdicando, secondo Pier Ferdinando Casini. «Non abbiamo bisogno di trincerarci dietro a Monti perché siamo sempre stati abituati ad assumerci le nostre responsabilità». Piuttosto, «votando per noi si vota per noi, per il nostro programma politico». Quanto al futuro, Casini è certo che ci sia «molto da ricostruire» nel Paese, consegnato a un populismo, che mette a rischio perfino la certezza dell’euro. Dunque, per il leader dell’Udc non è il caso di mettere in dubbio la soluzione Monti, oggi, come scelta «super partes» quale «è e deve restare tale».Ma nel Pdl l’atmosfera è tesa. A via dell’Umiltà c’è la certezza che li so voglia tagliare fuori. Non ci sta il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto. «C’è una situazione del tutto paradossale – spiega – . Per un verso è in campo una chiara proposta di sinistra, quella di Bersani, sostenuta anche dalla sinistra più radicale e contestata frontalmente nell’ambito dello stesso Pd da una posizione nuovista e di centro, quella di Renzi». La sinistra «minoritaria», però, ragiona Cicchitto, potrebbe vincere se i moderati si dividono. E c’è «una serie di forze che vanno dall’Udc a Montezemolo, al FlI, al Pdl», ma c’è anche «un tentativo pretestuoso da parte di alcuni di escludere da questa area il Pdl». E, per Cicchitto, «allo stato l’ipotesi del cosiddetto Monti Bis appare un’operazione virtuale».