domenica 14 marzo 2010
La piccola vive provvisoriamente con la mamma nella casa dell’anziano parente perché i genitori si stanno separando. Il padre ne aveva però chiesto l’affido esclusivo ritenendo la situazione «afflittiva», nonostante l’amore dei nonni. Ma nella prima udienza per la separazione l’uomo ha fatto marcia indietro. L'ISTANZA CHOC
COMMENTA E CONDIVIDI
Luisa (nome di fantasia, ndr) potrà continuare a giocare allegramente sulle gambe del nonno materno, che pur essendo cieco e avendo la completa paralisi di ogni muscolo volontario del corpo (a parte quelli di mano sinistra e bocca), è ben lucido e sveglio e, contraccambiato, la adora.Infatti i due avvocati che l’avevano presentato – firmandolo per conto del papà di Luisa –, durante la prima udienza per la separazione, hanno deciso di ritirare il ricorso di cui Avvenire aveva dato notizia due settimane fa (il 28 febbraio). Ricorso con il quale avevano avanzato una richiesta senza precedenti nel nostro Paese: «Per meglio comprendere l’intera situazione, giova ricordare» – avevano scritto – che quel nonno «è disabile al cento per cento da anni, essendo afflitto da una grave malattia». E «pur comprendendo il dramma umano di una famiglia che coabita con situazioni di tale gravità, è pur vero che tale ambiente non è il più idoneo a far crescere una bambina di soli tre anni e mezzo, che ha bisogno di vivere in un ambiente armonioso e meno afflittivo, cosa che per altro ha sempre fatto, vivendo nella casa dov’era nata e cresciuta ed è giusto torni a vivere, tant’è che la bambina nonostante la giovane età, mostra già segni evidenti di disagio».Succedeva infatti che la mamma e il papà della piccola sono alle prese con una (combattutissima...) separazione giudiziale e che la mamma, con la bimba, s’erano dovute trasferire proprio dai suoi genitori. Poco dopo sul tavolo del giudice è arrivato il ricorso d’urgenza del papà per ottenere l’affidamento esclusivo, segnato soprattutto da quelle frasi compiute e definitive, con le quali si affermava che una piccola di tre anni e mezzo avrebbe bisogno di «un ambiente meno afflittivo» di quello dove vive anche un disabile grave, e che anzi lei «mostra già segni evidenti di disagio». Valutazione – quest’ultima – avanzata arbitrariamente, poiché al ricorso non era allegata (né esiste) alcun genere di perizia psicologica sulla piccola che la legittimi.Così, l’altra mattina, uno dei due avvocati, presente all’udienza, ha messo una bella firma in calce al ritiro del ricorso e la questione specifica, almeno dal punto di vista giudiziario, si è chiusa.Naturalmente dai legali del nonno e della nonna di Luisa, subito dopo il deposito del ricorso, era però immediatamente partito un lungo esposto al Consiglio dell’Ordine degli avvocati – contro i due loro colleghi – per «aver violato», con quanto sostenuto, dei «principii della nostra Carta costituzionale tutelati dal nostro ordinamento, oltre che secoli di civiltà». Come l’articolo 3, col quale è sancito che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».Esposto (il cui iter al Consiglio dell’Ordine andrà adesso comunque avanti) che infine si chiudeva con alcune domande precise: «Se il disabile grave non è un nonno, ma un genitore o un fratellino? È legittimo che un avvocato, avallando le inusitate istanze del proprio cliente, chieda l’allontanamento e l’affidamento del minore "sano" ad altra famiglia o magari ai servizi sociali?».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: