lunedì 5 ottobre 2009
Il premier sulla sentenza dei giudici di Milano, che impone una sanzione di 750 milioni di euro alla Cir e lo considera corresponsabile di corruzione: «Sono allibito, è un'enormita giuridica». Scontro politico: l'opposizione chiede elezioni anticipate, i vertici del Pdl parlano di un disegno eversivo. 15 giudici del Csm chiedono una pratica tutela del giudice Mesiano.
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«Sono letteralmente allibito, è una sentenza al di là del bene e del male, è certamente una enormità giuridica...». Bastano diciannove parole a Silvio Berlusconi per ribellarsi alla decisione della magistratura sul lodo Mondadori. Il messaggio è netto, le conclusioni quasi una promessa: «...Sappiano comunque tutti gli oppositori che il governo porterà a termine la sua missione quinquennale e non c’è nulla che potrà farci tradire il mandato che gli italiani ci hanno conferito». Sono ore complicate. Segnate dai dubbi e dai sospetti. Italo Bocchino, il vicepresidente dei deputati del Pdl, spiega così il clima: «È inquietante la tempistica con cui si è giunti alla sentenza per il lodo Mondadori. C’è da chiedersi se rendere note ora motivazioni così violente verso il presidente Berlusconi non abbia come vero obiettivo quello di condizionare i giudici della Corte Costituzionale», che oggi saranno chiamati ad esaminare il lodo Alfano. Le conclusioni di Bocchino sono scontate: «Se così fosse, ci troveremmo dinanzi ad un chiaro tentativo di condizionamento della democrazia italiana». Tutto il Pdl fa quadrato a difesa del premier. I presidenti del gruppo Pdl al Senato ed alla Camera, Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, ed i vicepresidente vicari, Gaetano Quagliariello e Italo Bocchino, escono allo scoperto con una nota ufficiale. «La tempistica e i contenuti di una sentenza che a vent’anni dai fatti arriva con sospetta puntualità, rafforzano l’opinione di quanti, come noi, pensano che vi sia chi sta tentando, con mezzi impropri, di contrastare la volontà democratica del popolo italiano». Ecco la linea della maggioranza. Ed ecco il messaggio che segue: «Il centrodestra proseguirà nella politica del fare e del governare, che nessun disegno eversivo potrà sconfiggere».C’è voglia di reagire. E una strada potrebbe essere quella  – per dirla con Cicchitto – di «una grande mobilitazione popolare contro le manovre di Palazzo». C’è già un’ipotesi di data. È il 5 dicembre, in piazza San Giovanni a Roma. Ma intanto c’è l’attesa per la decisione della Consulta e la sfida alla sentenza del Tribunale sul lodo Mondadori. Anche Ghedini alza la voce. «Una decisione quella sul Lodo Mondadori assolutamente incredibile, infondata in fatto e in diritto. Un tentativo paradossale di rileggere gli atti del processo penale che avevano visto Silvio Berlusconi completamente estraneo a tale vicenda», avverte il parlamentare-avvocato che chiosa: «La cifra decisa è poi palesemente scollegata a qualsiasi dato reale superando addirittura di gran lunga lo stesso valore della quota Mondadori detenuta dalla Fininvest. Basti questa osservazione per dimostrare l’assurdità di una sentenza che sarà indubitabilmente riformata in appello». E, intanto, anche Gaetano Quagliariello rilancia la sfida: «Si assiste a sentenze ad orologeria e si annuncia la volontà di ritornare ad utilizzare teoremi giudiziari... A tutto questo non si può assistere inermi, in una democrazia si ricorre in casi rari alla piazza, ma se queste operazioni andranno avanti noi non lasceremo delegittimare il risultato elettorale dell’aprile 2008». Intanto, in serata, le agenzie di stampa ricostruiscono il Berlusconi privato. Una giornata trascorsa ad Arcore a valutare tutti gli scenari possibili, anche il più pessimista, ovvero la bocciatura da parte della Corte costituzionale del lodo Alfano e la richiesta di sue dimissioni in Parlamento. Tutto questo con una convinzione: nessuno nel centrodestra si presterà a questo gioco, e all’attuale esecutivo «non c’è alternativa». Insomma niente governissimi e niente voto anticipato. Perchè – ripete in mille occasioni il premier – «c’è un’unica maggioranza che arriverà fino alla fine della legislatura. Io non ho nessuna intenzione di mollare».
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