lunedì 12 ottobre 2009
In una nota diramata dalla presidenza della Repubblica la risposta del Colle alla tesi del Giornale di Vittorio Feltri, che nel numero di domenica aveva sostenuto che ci fosse stato un «patto tra gentiluomini», protagonisti un funzionario del Quirinale e il governo, sulla stesura del Lodo Alfano poi bocciato dalla Consulta.
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È del tutto falsa l'affermazione che al Quirinale si siano "stipulati patti" su leggi la cui iniziativa, com'è noto, spetta al governo, e tantomeno sul superamento del vaglio di costituzionalità affidato alla Consulta. È quanto si legge in una nota diramata dalla Presidenza della Repubblica. "Una volta rilevata, da parte del Presidente della Repubblica, la palese incostituzionalità dell'emendamento blocca-processi inserito in Senato nella legge di conversione del decreto 23 maggio 2008 - si legge nella nota -, il Consiglio dei Ministri ritenne di adottare il disegno di legge Alfano in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato. Il Presidente della Repubblica ne autorizzò la presentazione al Parlamento, e successivamente - dopo l'approvazione da parte delle Camere - promulgò la legge". "Tale promulgazione, comunque motivata - prosegue la nota del Quirinale -, non poteva in nessun modo costituire garanzia di giudizio favorevole della Corte in caso di ricorso. Il rispetto dell'indipendenza della Corte Costituzionale e dei suoi giudici - doveroso per tutti - ha rappresentato una costante linea di condotta per qualsiasi Presidente della Repubblica". "La collaborazione tra gli uffici della Presidenza e dei Ministeri competenti - conclude la nota del Quirinale - è parte di una prassi da lungo tempo consolidata di semplice consultazione e leale cooperazione, che lascia intatta la netta distinzione dei ruoli e delle responsabilità".La nota del Quirinale risponde al direttore del Giornale Vittorio Feltri, che domencia aveva attaccato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con un editoriale e tutta la prima pagina intitolata «Lo zampino del Quirinale sul lodo». Feltri scriveva di un «patto tra gentiluomini» che il capo dello Stato avrebbe disatteso con Palazzo Chigi circa il giudizio di costituzionalità della Consulta sul Lodo Alfano. Nella ricostruzione di Feltri, "parti di testo del lodo Alfano furono scritte da un consigliere giuridico di Napolitano". In buona sostanza, secondo Feltri, "i funzionari di Napolitano dissero: non preoccupatevi, sistemeremo noi il testo del Lodo in modo che non trovi ostacoli nella Consulta. Vi garantiamo, passerà". Queste sarebbero le ragioni dell’ira di Berlusconi dopo la bocciatura della Consulta. "Ovvio - conclude il direttore del Giornale -. Il capo dello Stato gli ha fatto ritirare l’emendamento blocca processi per ragioni di opportunità, gli ha promesso di adoperarsi per portare al traguardo la tutela delle maggiori autorità istituzionali e il patto tra gentiluomini alla resa dei conti si è rivelato un bidone contro il premier e l’intero governo".L'Alta Corte: «La soluzione nel caso Previti». La Corte Costituzionale, nel bocciare il lodo Alfano per violazione del principio di eguaglianza dei cittadini, avrebbe individuato nella propria sentenza n. 451 del 2005 sul "caso Previti" una strada per stabilire un equilibrio tra le esigenze pubbliche da parte delle alte cariche dello Stato e quelle di un corretto svolgimento di un eventuale processo penale a loro carico. È quanto trapelato in ambienti vicini alla Consulta. In quella sentenza, la Corte Costituzionale scrisse che, nel caso un imputato sia anche componente di un ramo del parlamento, il giudice ha "l'onere di programmare il calendario delle udienze in modo da evitare coincidenze con i giorni di riunione degli organi parlamentari".
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