lunedì 25 febbraio 2019
Non solo tumori, problemi respiratori o cardiaci. Uno studio sui bambini dimostra che l'aria inquinata può avere effetti sulla salute mentale
Lo smog? Può portare alla depressione
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Lo smog fa male alla salute, è causa di malattie importanti, accorcia l’aspettativa di vita. Tutti sanno che l’inquinamento aumenta il rischio di tumori, può dare problemi cardiovascolari ed essere associato a un numero elevato di morti premature: 90mila l’anno in Italia, secondo l’Agenzia europea per l’ambiente. Fino ad oggi, tuttavia, gran parte dell’opinione pubblica ha guardato al problema dello smog accettando l’idea che il rischio per la salute è un po’ il prezzo che si deve pagare al progresso e allo sviluppo, dunque a una qualità della vita e a una libertà complessivamente superiori. Come a dire: riconosco il pericolo, ma nel frattempo ho un lavoro, posso girare liberamente in auto, tenere il riscaldamento al massimo, e via dicendo. L’aria inquinata, in effetti, interessa soprattutto le città, dove gli standard sanitari più elevati riescono a mantenere alta la durata media della vita.

Nei contesti più avanzati questa visione, tuttavia, ha lasciato da tempo il campo a considerazioni meno superficiali. E anche dove si tende a privilegiare la libertà individuale rispetto a obiettivi di benessere comune, le antiche convinzioni vacillano. Un ruolo in questa trasformazione possono averlo diversi studi scientifici che dimostrano come lo smog, oltre ai problemi già noti può compromettere la qualità della vita in modo molto serio provocando malattie come la depressione, la schizofrenia, disturbi mentali di vario genere, forse persino l’autismo, oltre a deficit di tipo cognitivo già nei bambini.

Queste ricerche vanno lette con cautela, perché si tratta di un filone ancora tutto da esplorare in profondità. Ma i risultati sono già significativi. Uno studio condotto su quasi 300 bambini di Londra, monitorati all’età di 12 anni e poi a 18, ha dimostrato che crescere in zone particolarmente inquinate aumenta di 3-4 volte il rischio di depressione nella maggiore età, ma anche ansia o disturbi dell’attenzione. L’incidenza di questi problemi, oltretutto, sembra aumentare più peggiora la qualità dell’aria. Gli inquinanti presi in esame dallo studio, il particolato fine (Pm2,5) e il disossido d’azoto (NO2), chiamano in causa soprattutto il traffico dei veicoli nei centri urbani (lo studio si trova qui ).

La ragione che porta lo smog a incidere sul cervello, e sulle aree che condizionano la felicità, sembra dovuta al fatto che le particelle fini sono in grado di oltrepassare la barriera emato-encefalica. Su fronti di studio diversi si è anche notato che le polveri ultrafini riescono a penetrare la placenta e provocano danni già al feto. Altri ricercatori, a Barcellona, hanno trovato una correlazione forte tra disturbi depressivi e aumento degli inquinanti ( tinyurl.com/y425uwss ).

E sempre nella capitale della Catalogna una ricerca di qualche anno fa aveva rilevato un legame tra la risposta ad alcuni test cognitivi dei bambini e i livelli di smog nella via dove ha sede la scuola che frequentano ( tinyurl.com/y32auzbn ). In questo ambito di ricerca c’è anche chi si è spinto a indagare e ipotizzare un legame tra lo smog e i disturbi dello spettro autistico ( tinyurl.com/yyzugx5r ), ma si tratta di una supposizione che ha bisogno di essere rafforzata.

Una cosa va detta: il fatto che esista una correlazione tra smog e problemi di salute mentale non vuol dire che ci sia un rapporto di causa-effetto, ma solo che vi sono prove neurobiologiche da tenere in considerazione. Questo è comunque un valido motivo per analizzare questioni di attualità con uno sguardo più ampio. A Milano, ad esempio, sta per essere inaugurata la cosiddetta "Area B", la zona a traffico limitato più grande d’Italia e l’area chiusa ai diesel più estesa d’Europa, col blocco dei veicoli maggiormente inquinanti. Si tratta di un passaggio che fa discutere perché può risolvere molti problemi, ma paradossalmente ne può generare altri, quando si considera la complessità dell’area metropolitana e la difficoltà storica a gestire il sistema dei trasporti pubblici in un territorio frammentato dal punto di vista amministrativo. L’esperimento rappresenta tuttavia una sfida importante, se è vero che nelle aree urbane il 50-70% dell’inquinamento è imputabile al traffico: una volta a regime la nuova Ztl, sarà finalmente possibile anche valutarne gli effetti.

L’accettazione delle politiche ambientali da parte della popolazione, tuttavia, non è un tema di secondo piano, anzi, può valere quanto l’impegno nella lotta all’inquinamento. La classe politica dovrebbe avere imparato che i sacrifici in nome dell’ambiente e della salute, che si tratti di nuove tasse o di blocchi della circolazione, devono poter contare su un ventaglio ampio di alternative valide e sostenibili. E i benefici non essere causa di nuove disuguaglianze, come avviene dove le municipalità si muovono in ordine sparso. Le indagini sulla qualità della vita nei territori, quando oltre alle valutazioni economiche o legate ad aspetti materiali si spingono a valutare uno spetto più ampio di fattori, mostrano che i tassi di felicità sono sempre più alti dove gli standard ambientali sono maggiori. Le ricerche sul legame tra smog e salute, anche mentale, dovrebbero incentivare tutti ad avere uno sguardo meno individualista e più preoccupato per l’interesse collettivo. Soprattutto di fronte all’evidenza che vede nei bambini i soggetti più fragili e più esposti ai problemi causati dallo smog.

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