C'è chi ha perso la vita e chi l'udito. E chi ha perduto entrambi dopo le sessioni di tortura e i frequanti pestaggi. Accade in Libia, nei "centri di accoglienza" governativi a suo tempo finanziati dall’Italia e dall’Ue, destinati ai migranti. Un report della "Missione di supporto" (Unsmil) delle Nazioni Unite raccoglie numerosi episodi. Un atto d'accusa che toglie il fiato. Gli investigatori dell’Onu - come raccontiamo su Avvenire di domani 19 gennaio -, hanno raccolto prove sull’uso sistematico della tortura da parte del personale che dovrebbe prendersi cura dei profughi.Gli stranieri vengono catturati e rinchiusi in celle sovraffollate, all’interno di campi di concentramento nei quali si vive in promiscuità, senza che donne e minorenni non accompagnati vengano protetti.I migranti hanno raccontato di avere assistito alla morte di altri compagni di sventura. Decessi avvenuti per malnutrizione grave, malattie, abusi, pestaggi e umiliazioni. Non di rado avvengono episodi di estorsione. Proprio come fanno i trafficanti, gli agenti costringono i prigionieri a contattare le famiglie a cui chiedere di versare denaro agli emissari della polizia, in cambio della liberazione. Nel corso delle telefonate «il migrante può venire torturato per costringere le famiglie a pagare». Sono state trovate conferme anche sul parallelo mercato degli schiavi. Quando un immigrato non può pagare il riscatto, non di rado viene venduto a degli sfruttatori per i quali lavorerà da schiavo, fino quando non si sarà sdebitato con il "padrone" e solo allora potrà sperare di riprendere il viaggio verso l'Europa.
Raccolte prove e testimonianze di vittime della tratta degli esseri umani rinchiuse nelle strutture pubbliche, a suo tempo realizzate con fondi italiani ed europei. Conferme su torture e uccisioni
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