Un incontro a Lerici per la Festa di Avvenire
«In ogni uomo c’è una risorsa, ma soprattutto nei giovani il cuore è fatto di esigenze che, se non veniamo corrotti, emergono potentemente in noi: esigenza di giustizia, di bellezza, di amore. Il Papa ama incontrarli e ha una grande fiducia in loro, che non è captatio benevolentiae, ma una convinzione sperimentata da gesuita. Due anni fa alla Gmg di Cracovia ho accompagnato da lui i miei ragazzi…».
Il vescovo di Pavia, Corrado Sanguineti, ha partecipato l’altra sera alla 43ª Festa di Avvenire nel Golfo dei Poeti, celebrando così il primo mezzo secolo di vita del nostro giornale e gettando lo sguardo al Sinodo dei vescovi di ottobre, dedicato appunto ai giovani.
Un excursus a tutto tondo, fatto di esperienze personali e incontri: «Se penso a chi nella mia vita di ragazzo è stato fondante per la mia fede, la figura che emerge è quella di Giovanni Paolo II – ha raccontato il vescovo –; avevo 15 anni quando con la Gioventù studentesca sono andato in udienza da lui e il papa ci ha parlato della gioia cristiana. Un messaggio che mi colpì e lavorò dentro di me». E poi c’è suo nonno, un uomo ateo che «con le sue domande stimolava in me la crescita interiore. Alla fine morì da credente».
È quella simbiosi generazionale tra giovani e anziani di cui papa Francesco parla di continuo, perché «i frutti di un albero appassiscono se non attingono alle radici. Sembra un paradosso, ma i ragazzi hanno nuove visioni se guardano agli anziani, i quali a loro volta sono contenti quando incontrano una gioventù bella. C’è tanta giovinezza che è piena di risorse positive, ma non si dice abbastanza».
Sono inquieti i giovani, e meno male, ma per questo spesso sono incompresi, mettono a repentaglio il quieto vivere di chi si è accomodato in una vita stabile e teme la "sana inquietudine" di chi è sempre in cammino e sente che "c’è dell’altro". «A questo proposito, mi ha molto colpito la morte di Marchionne – ha detto Sanguineti –; viene da dire: la vita è tutta qui? Un attimo prima sei potente e subito dopo sei l’uomo più fragile del mondo? Questi sono i quesiti potenti cui la Chiesa deve rispondere, è la grande sfida del Sinodo per i giovani, che li vuole attori, non spettatori».
Non lasciatevi zittire, ha detto loro papa Francesco, ricordate che la Chiesa e il mondo hanno bisogno di voi per ringiovanire. «E allora l’altra grande sfida per la Chiesa è ringiovanire senza rinunciare a se stessa», rimanere attraente senza cedere a "giovanilismi". Occorre comunicare la bellezza di Cristo eternamente giovane. I grandi educatori, «da Chiara Lubich a san Giovanni Bosco, sant’Ignazio di Loyola, Luigi Giussani e tanti altri», erano appassionati di Cristo e della realtà del loro mondo, capaci di trasmettere la bellezza del Vangelo senza sconti, con il coraggio di una proposta personale ed ecclesiale, «senza scimmiottare il mondo e inseguire i giovani, perché non è questo che chiedono, ma gesti e testimonianze vere»: basta poco lievito per far crescere tanto pane, «Gesù iniziò con dodici discepoli, San Francesco con quattro amici».
Se dunque oggi sembra prevalere una visione della vita nichilista e il bene pare soccombere, «la prima difesa della famiglia è moltiplicare famiglie sante», non sfoderare battaglie ma lasciare segni e con questi contagiare il mondo.
«Come comunicatore – ha commentato il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio – mi colpisce il fatto che oggi c’è tanta riprovazione verso i giovani, ma chi li ascolta? La Chiesa è l’unica realtà che ha avuto questo coraggio. L’ascolto è una terra sacra, sulla quale si va a piedi scalzi, ci ha detto il papa due anni fa. Altrimenti ognuno continuerà a dire sterilmente la sua e il dialogo morirà».
«La vita stessa è vocazione, non casualità – ha concluso il vescovo di La Spezia-Sarzana-Brugnato, Luigi Ernesto Palletti – e la vocazione è innanzitutto risposta. È questa la chiave di lettura fortissima che il papa ci consegna».