martedì 9 marzo 2010
Il governo ha posto la questione di fiducia sul ddl sul legittimo impedimento all'esame dell'Aula del Senato per superare l'ostruzionismo del Pd e dell'Idv, che hanno presentato circa 1.700 emendamenti. Voto finale previsto per domani sera.
COMMENTA E CONDIVIDI
L’annuncio che il Governo metterà la fiducia sul legittimo impedimento – la trentesima della legislatura – arriva come una molotov sulla benzina dei provvedimenti sulla giustizia, esposti al rischio esplosione dal surriscaldamento dei rapporti tra maggioranza e opposizione. Con le opposizioni che fanno ostruzionismo e chiedono a gran voce la presenza oggi in aula del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, per spiegare le ragioni politiche del ricorso a questo strumento su un ddl di iniziativa parlamentare, non governativa. E il segretario del Pd Pier Luigi Bersani che parla di "picconate" alla legalità.Dopo le tensioni generate dal decreto salva-liste, la giornata di ieri al Senato, dove il provvedimento è in seconda lettura, prende il via con le barricate alzate dall’opposizione. E fino a sera è un crescendo, tra richieste di numero legale e polemiche sul contingentamento dei tempi degli interventi. Con il presidente del senato Renato Schifani pronto a garantire «un dibattito che avvenga con ampiezza di tempi adeguata alla delicatezza del provvedimento».Vengono respinte cinque eccezioni di costituzionalità (con l’Udc ancora orientata all’astensione). Per illustrare le quali il democratico Stefano Ceccanti ha fatto ricorso a due citazioni letterarie da "Alice nel Paese delle meraviglie" e da "Pippi calzelunghe". Alcune deputate del suo stesso partito, per esprimere dissenso indossano una maglietta con la frase «Anche se tutti, io no», usata dagli studenti della Rosa bianca, oppositori del nazismo. Ma soprattutto dal Pd arrivano dei ben più prosaici, ma decisivi, 1.585 emendamenti. Altri 93 sono a firma dell’Idv e 7 dai centristi. Per un totale di quasi 1.700. E quando anche il governo, con il ministro per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito, alza lo steccato della fiducia, è bagarre.In aula e fuori. «Basta. Vi siete sfogati? Adesso basta» richiama alla calma Schifani, rivolto ai banchi dell’opposizione da dove si levano urla. Ma anche l’aplomb del segretario del Pd viene meno. E, uscendo dal congresso dei radicali, Bersani si sfoga: «Avanti così a picconare i meccanismi di legalità. C’è un’arroganza senza limiti e la destra non capisce il moto di indignazione dell’opinione pubblica sulla legalità. Non è accettabile che solo alcuni siano al riparo dalla legge».Intanto tra i banchi senatoriali la seduta viene sospesa per convocare la conferenza dei capigruppo. Il primo a uscire con il calendario del voto, che si terrà oggi, è Maurizio Gasparri (Pdl). Doppia fiducia sui primi due articoli del provvedimento: un voto alle 17, l’altro alle 18. A seguire le dichiarazioni di voto ed il voto finale sull’intero provvedimento. Insomma, un tour de force che di fatto blinda la controversa misura che consentirebbe a premier e ministri di non presentarsi, in concomitanza con impegni d’ufficio, alle udienze processuali che li vedessero imputati durante il mandato.Alla ripresa dei lavori è stato serrato il confronto, con accuse reciproche di arroganza tra Gaetano Quagliariello, vicario del gruppo Pdl, e la capogruppo del Pd Anna Finocchiaro. Il primo – come pure il presidente dei senatori leghisti Federico Bricolo – invoca la presentazione dei 1.700 emendamenti come ragione evidente del comportamento dell’esecutivo. E, infine, cerca di smascherare l’intenzione degli oppositori di trasformare la presenza del premier in una resa dei conti. Ma se il premier non darà chiare assicurazioni sulla sua presenza la battaglia in aula è garantita anche per oggi.Invoca il rispetto del Parlamento Felice Belisario (Idv), per il quale la presenza di Berlusconi «è essenziale in questa fase d’esame di un provvedimento che lo affranca dal presentarsi nelle aule giudiziarie. Non vorremmo che decidesse di fuggire anche dalle aule parlamentari». L’Udc di fronte all’atto del governo si sposta, come annuncia il capogruppo Gianpiero D’Alia, sul «no» (ma al Senato astensione è già voto contrario). E chiede la presenza anche del ministro della Giustizia Angelino Alfano. «Abbiamo girato al ministro per i Rapporti con il Parlamento la richiesta delle opposizioni – la linea tenuta da Schifani – di avere qui la presenza del presidente del Consiglio. Ma io devo dar seguito al dibattito» come deciso dai capigruppo.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: