Matteo Renzi vede l’obiettivo a portata di mano e non può neanche immaginare che gli sfugga via, dopo giorni e notti di trattative. Con il Pd compattato (al quale rende onore per aver ritirato tutti gli emendamenti, tranne tre), il segretario democratico lavora tutto il giorno da Firenze per mettere insieme i pezzi di un puzzle che vedono Alfano preoccupato (come anche Sel e i partiti minori), Berlusconi deciso a infierire e il Carroccio rassicurato dal Cavaliere con il "salva-Lega", destinato ad entrare in un modo o nell’altro nel complesso disegno della legge elettorale. «Siamo veramente a un passo, è lì, siamo lì pronti a chiudere. Come si fa a buttar via questa occasione? Sarebbe anche un modo per tradire i tre milioni di italiani che sono andati a votare alle primarie». Ma la sfida riguarda anche il suo avversario: «È evidente che anche Berlusconi oggi è a un bivio». E Berlusconi, infatti, ha interesse a chiudere.Il segretario democratico spiega ancora una volta la posta in gioco davanti alle telecamere di
Ballarò. Nel merito, però, la questione l’ha già più volte sviscerata in una serie di telefonate con il leader di Forza Italia e il vicepremier. La trattativa va avanti a oltranza e i tre si concedono una giornata in più per consentire che l’accordo passi attraverso il voto della commissione, per arrivare blindato in aula domani pomeriggio. Non di più, perché – temono i renziani – se si arriva alla prossima settimana, «può saltare tutto».Per Renzi non è facile far digerire al Cavaliere modifiche che accolgano le richieste del leader ncd. Così il primo punto su cui ottiene il compromesso è l’abbassamento della soglia per accedere al premio di maggioranza, richiesto dal capo dello Stato, che passa dal 35 al 37 per cento. Un modo per scongiurare un nuovo intervento della Consulta, insiste Renzi al telefono con l’ex premier. Ma non è una partita facile, perché Berlusconi teme molto il ballottaggio, in cui la sinistra ha sempre avuto più capacità di muovere il proprio elettorato.E allora il Cavaliere alza la posta, con la norma che consente al Carroccio di entrare nella partita, anche se solo nelle regioni del nord. «Noi abbiamo fatto un accordo molto serio che prevede alcuni paletti, ci sono un paio di ipotesi di emendamenti, io confido che si possa chiudere rapidamente e poi... Se c’è da litigare con i piccoli partiti, si litiga con i piccoli partiti», azzarda sicuro il segretario del Pd. Ma il sindaco di Firenze sa bene che in gioco c’è anche il governo e la sua maggioranza e non può certo lasciare per strada Alfano. Così rimette in discussione la soglia di accesso in Parlamento, fissata con il Cavaliere al 5 per cento per i partiti coalizzati. Troppo alta un po’ per tutti i partitini oggi presenti nel quadro parlamentare. L’argomento è ostico, così Renzi cerca di portare a casa subito la possibilità (scartata in un primo momento) delle candidature plurime, su cui Alfano non vuole cedere. Su questo Fi sembra più malleabile. Quanto alle preferenze, Renzi pensa di risolvere con uno dei 3 emendamenti dei suoi, che inserisce le primarie facoltative, ma regolate per legge. Il braccio di ferro continua nella notte. Ma – avvisa il leader pd, «non mi farò ingabbiare in stanche liturgie». Insomma, taglia corto, «se qualcuno vuole far saltare tutto, lo faccia a viso aperto e lo spieghi al Paese».