giovedì 18 luglio 2024
Pro Vita e Famiglia: «Evitato il rischio di indurre alla morte persone fragili» ma «è gravissima l'interpretazione sulla definzione dei trattamenti vitali»
Una manifestazione di Pro Vita

Una manifestazione di Pro Vita - Siciliani

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Alla soddisfazione per la chiusura espressa ieri dalla Corte costituzionale rispetto a un presunto diritto a morire, fa da contraltare la preoccupazione per quello che sembra essere un allargamento delle maglie interpretative che definiscono i «trattamenti al sostegno vitale». Va in un questa duplice direzione l’accoglienza riservata dall’associazione Pro Vita & Famiglia alla sentenza della Consulta sulle questioni di legittimità sollevate dal Gip di Firenze (vedi pagina accanto). Per la onlus è chiaro infatti che la Corte «ha respinto tutte le questioni sollevate dai legali dell'associazione Coscioni sul fine vita, negando l'esistenza di un diritto assoluto a decidere come e quando morire». Il che scongiura il rischio «di indurre alla morte persone fragili depresse ed emarginate». È però «gravissima», come si legge nel comunicato diffuso dall’associazione, «l'interpretazione sulla definizione di “trattamenti di sostegno vitale”», perché include «anche pratiche di assistenza sanitaria alla persona non a diretto supporto delle funzioni vitali di base». In sostanza, continua Pro Vita, «aumenta il numero di casi in cui si potrà aiutare una persona a suicidarsi, velocizzando la tragica deriva eutanasica che la Consulta ha inaugurato con la sentenza 2019 sul caso Dj Fabo».

Per il Network di oltre 100 associazioni “Ditelo sui Tetti”, viene «documentato il valore oggettivo del diritto alla vita» e ribadita «la necessità della tutela dell'esistenza dei più fragili», quelli cioè che «potrebbero convincersi di essere diventate ormai un peso». Ma sono «degne di nota», dichiara il coordinatore Domenico Menorello, anche «la difesa che viene esposta di una sorta di “eccezione italiana” nel contesto mondiale» e «il rispetto che la Corte intende assicurare al legislatore nazionale, cui spetta ora intervenire declinando i principi costituzionali ricordati dalla Consulta stessa».

«L'attesa decisione della Corte Costituzionale ribadisce quanto già affermato nel 2019 con la sentenza n. 242», rileva invece Marina Casini, presidente del Movimento per la vita italiano. E in questo senso, prosegue, «per quanto la sentenza 242 fosse per certi aspetti discutibile, ribadisce che i più fragili vanno comunque tutelati anche rispetto ai possibili abusi e strumentalizzazioni, primo tra i quali l'induzione sociale a sentirsi un peso per gli atri con la conseguenza di optare per la richiesta di morire». Un punto da cui deriva il ruolo fondamentale delle cure palliative, osserva ancora Casini, «da assicurare a tutti senza eccezioni». La Corte, insomma, indica «i due aspetti – protezione edei ftagili e cure palliative – su cui bisogna lavorare molto a livello culturale, operativo e legislativo». Mentre al legislatore spetta «il compito di mettere mano alla materia in maniera assolutamente coerente con i 4 paletti indicati dalla corte Costituzionale, senza allentamenti, allargamenti, smagliature, scappatoie, inganni semantici, ambiguità».

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