L’introduzione del reato di immigrazione clandestina nell’ambito del pacchetto sicurezza è fonte di preoccupazione per movimenti e associazioni. Si rischia in questo modo di negare i diritti umani degli immigrati e si mette a rischio il riconoscimento dei diritti “fondamentali” alla salute e all’istruzione di tutti i cittadini. Anche il direttore dell’Ufficio per la pastorale degli immigrati della Cei, padre Gianromano Gnesotto, ha fatto notare che «potrebbe essere in qualche modo trovata una via di mezzo, distinguendo tra coloro che entrano nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e coloro che, invece, essendo entrati anche regolarmente nel territorio e poi, per molte ragioni, hanno visto il loro permesso non rinnovato e in quanto tali, irregolari». «Per questi – ha precisato – bisognerebbe avere forse un occhio particolare senza l’applicazione di questa fattispecie di reato ». E ha poi proseguito dicendo che in assenza di modifiche «subiremo delle conseguenze notevoli non soltanto per quanto riguarda gli immigrati, ma anche per quanto riguarda i diritti fondamentali quali quelli, appunto, della salute o dell’istruzione». Di qui il rischio non solo di creare una fascia di cittadini di «serie B», ma di fare degli immigrati delle «non persone». Gnesotto ha sottolineato che «togliere i diritti ad alcune persone, in qualche modo impoverisce tutti». Sul disegno di legge sulla sicurezza e sul reato di clandestinità Acli, Caritas italiana, Centro Astalli, Comunità di S.Egidio, Fondazione Migrantes hanno lanciato un appello al governo e ai parlamentari perché vengano adottate «soluzioni legislative che sappiano coniugare la tutela degli interessi dello Stato con il rispetto della dignità umana». Dando voce a numerose associazioni e organismi cattolici è stata manifestata una forte apprensione per alcune tra le norme proposte che, se approvate, influiranno negativamente sulla vita e la dignità delle persone, oltreché sul bene della sicurezza che ci si propone di tutelare. Nonostante dal pacchetto siano state stralciate alcune parti che riguardavano i cosiddetti “presidi-spia” o “medici- spia”, nel testo all’esame della Camera ci sono ancora aspetti che preoccupano come, appunto, l’introduzione del reato di clandestinità. Queste persone «troppo spesso scontano l’estrema rigidità dei canali d’ingresso nel nostro paese ovvero gli eccessivi ritardi nei rilasci e nei rinnovi dei permessi di soggiorno». Non piace neppure il divieto per gli stranieri privi di permesso di soggiorno residenti in Italia, di poter effettuare atti di stato civile. Con il rischio di perdere i figli. La Caritas si è espressa, infine, sul caso del barcone rimandato in Libia. «Qualsiasi respingimento in mare lede il diritto d’asilo. Ma se non affrontiamo seriamente il tema della richiesta d’asilo le violazioni dei diritti umani si moltiplicheranno – ha dichiarato Quyen Ngo Dinh, presidente della Commissione migrazioni di Caritas Europa e responsabile dell’area immigrati della Caritas di Roma –. Bisogna dare ai richiedenti asilo la possibilità di presentare la domanda nei Paesi di transito, distribuendo poi gli ingressi nei diversi Paesi europei». E poi ha puntato il dito sul fatto che non si può tollerare che le persone rischino la vita, siano torturate e che l’85% delle donne che arrivano a Lampedusa siano state violentate. Sul suicidio avvenuto giovedì di una donna tunisina nel Cie di Ponte Galeria a Roma, Ngo Dinh ha denunciato che «tutti i Cie, in ogni Paese d’Europa, sono luoghi senza speranza. Sono peggio di un carcere, dal quale si può uscire con la possibilità di un reinserimento in società. Per questo si verificano tanti casi di suicidi, autolesionismo e depressioni ». Occorrerebbe ridurre il numero di persone nei centri e i tempi di permanenza.