«Vedi il locale al piano terra nel palazzo che fa angolo? Lì c’era la mia libreria artistica». Giuliano infila il braccio nella grata che delimita la zona rossa del centro storico per indicare il suo caratteristico negozio di libri e dischi. Qui, fino al 6 aprile, era possibile passare un pomeriggio in compagnia di un buon libro sorseggiando pregiati the. Cinque anni di lavoro per avviare un’attività e un mutuo per acquistare le due piccole stanze nello stabile settecentesco, ora andati completamente in fumo. Per Giuliano Cervelli, proprietario del Caffè Polar a due passi dalla centralissima piazza Duomo dell’Aquila, da dieci mesi la vera zona off limit è quella del mondo del lavoro, così come per altri 16mila terremotati rimasti senza occupazione dopo il sisma. «Vado avanti grazie alla pensione di mia madre ma – continua il giovane titolare – così non c’è futuro. È come vivere in una città senza cuore».Dopo le nuove case antisismiche, che entro qualche settimana riporteranno tutti in città, il secondo terremoto in Abruzzo è la disoccupazione. Si rischia adesso, in sostanza, di avere un tetto sulla testa ma niente da mettere sotto i denti. Chi può si arrangia a vivere con qualche risparmio da parte, tentando a volte di riavviare l’attività nelle costosissime strutture in legno fuori città, ma molti sfollati e piccoli artigiani sono tornati ad attingere alla pensione di mamma e papà. Sono, infatti, oltre 8mila i cassaintegrati della provincia abruzzese, un numero quadruplicato da aprile e cresciuto del 439% in un anno; a loro si aggiungono altri 8mila autonomi che senza un aiuto immediato non riusciranno a ripartire, 1.500 nel solo centro storico del capoluogo. Tante le promesse per la ricostruzione del tessuto economico e produttivo abruzzese che si sono susseguite nei mesi, ma per ora nemmeno un euro è finito nelle tasche dei piccoli imprenditori. «Ancora non arrivano i soldi dal governo – precisano dagli uffici del Comune –. Il sindaco Massimo Cialente ha fatto richiesta di 70 milioni di euro che servono a coprire gli indennizzi per le 4mila domande finora arrivate dai lavoratori autonomi. Ma oltre all’iniziale contributo di 800 euro per tre mesi, previsto per tamponare i danni all’attività dovuti al terremoto, i privati non hanno ancora ricevuto nulla». Eppure un’ordinanza di fine gennaio del presidente del Consiglio dei ministri (la n.3843) permette al Commissario delegato, il governatore Gianni Chiodi, di anticipare fino a 80 milioni di euro per aiutare gli imprenditori che hanno avuto danni dal sisma. Un’assenza che rischia di compromettere la rinascita dell’Aquila. Piccole imprese artigiane, commerciali e dei servizi ferme al palo, migliaia i cassaintegrati e silenzio tombale sulla zona franca. «Ci sono le case ma se chi ci abita non lavora non serve a niente». Il direttore di Confindustria dell’Aquila Antonio Cappelli va dritto al cuore del problema. «Corriamo il rischio, dopo aver avuto le case promesse, di avere il deserto, senza nessuno che ci abita perché qui non si lavora. Si parla di tutto meno che di attività produttive». La Regione ha previsto un bando per aiutare le piccole imprese, il 60% dell’economia aquilana, con fondi fino a 35 milioni di euro, ma continua Cappelli «non basta, è meno di un quinto di quanto servirebbe per far ripartire il tessuto economico di questa terra. Una soluzione è la zona franca e gli incentivi fiscali per aiutare le società che c’erano prima del terremoto a sopravvivere e spingere le aziende a venire anche da altre parti d’Italia». La paura più forte, inoltre, è che a fine aprile quando terminerà anche la cassa integrazione in deroga prevista nel cratere del sisma, migliaia di abruzzesi abbiano come unica soluzione quella di andare lontano.Anche tutto il sindacato aquilano alza la voce come può. Non basta aver prorogato fino a giugno il pagamento delle tasse ai privati, ribadisce da tempo il segretario provinciale della Cisl, Gianfranco Giorgi, «sarà solo un palliativo per l’economia se non si investe con interventi seri in occupazione, in nuovi posti di lavoro, incentivando l’approdo all’Aquila di altre realtà imprenditoriali con sostegni alle aziende. Serve anche però controllare per evitare che qualche imprenditore furbo approfitti del terremoto a discapito dei lavoratori». A fargli eco tutto il mondo confederale aquilano, convinto che la vera emergenza in Abruzzo inizi adesso.