Il sole spietato accende le macerie. Un conto è vederle in fotografia, un conto è starci davanti. Gli abitanti di Onna e dell’Aquila si sono fatti trovare davanti alle loro rovine, quando sono venuti Angela Merkel e Barack Obama, e le hanno mostrate quasi a voler dire: «Il nostro dolore è tutto in queste pietre». E anche le lacrime. Se il G8 voleva mostrare al mondo il dramma dell’Aquila, il Summit è iniziato in anticipo in uno dei paesini più colpiti dal sisma, quando il cancelliere tedesco si è fermato davanti allo scheletro della chiesetta di San Pietro di Onna, puntellata perché non cadano gli ultimi pezzi di mura ancora in piedi. Anche se gli elmetti dei vigili del fuoco luccicano, anche se gli abiti delle donne di Onna sono allegri e sgargianti e i bambini ridono perché non hanno mai visto tanta gente importante, c’è nell’aria dolore. Basta alzare lo sguardo verso le case squarciate, verso i tetti crollati e quei panni che, messi ad asciugare, stanno lì dal giorno della scossa, per avvertire ancora forte tutta la tragedia. La signora Merkel, accompagnata da Silvio Berlusconi, stringe le mani delle donne, e ricambia i sorrisi. Una di loro le rivolge poche parole dignitose e disperate: «Aiutateci. Non vi dimenticate di noi», che una interprete traduce presto in tedesco. «Siate forti – la rassicura la signora Merkel – noi non vi abbandoneremo. Proseguiremo nell’aiuto e la nostra protezione civile continuerà a lavorare per voi». Il governo tedesco ha adottato Onna, quasi a volere, in un certo qual modo, regolare i conti con il passato. È una brutta storia che nessuno ha mai dimenticato, e quando la raccontano provano brividi freddi. L’esercito tedesco in fuga risaliva la Penisola. I soldati passarono per Onna, e una ragazzina accusò uno di loro di aver rubato un cavallo. Le spararono. Fu ucciso anche un soldato. I tedeschi rastrellarono il paese e 16 persone finirono al muro, poi con la dinamite fecero saltare un edificio. Macerie e dolore, ieri come oggi: il sisma ha ucciso a Onna 50 persone. La signora Merkel non ha fatto finta di non sapere e con franchezza ha detto: «La mia visita vuole essere un piccolo segno a favore di un borgo colpito in passato dalla Germania. Qui possiamo alla fine costruire qualcosa dove prima abbiamo distrutto». Ma il passato è passato, sicché ha aggiunto, guardando avanti: «Il nostro impegno e la mia visita vogliono essere il simbolo di una nuova Europa, l’Europa della pace, e vuole testimoniate il desiderio della Germania di portare al borgo un contributo positivo». I tedeschi costruiranno case con il contributo di importanti industrie automobilistiche e il governo di Berlino restaurerà la chiesa di Onna dove la signora Merkel è entrata per pochi minuti, rifiutando, senza preoccupazione, un casco che i vigili le hanno offerto. Prima di entrare in chiesa ha sorriso quando alcune ragazze le hanno donato un mazzo di gerbere gialle e rosse e, divertita, è stata a sentire delle virtù dei fagioli di Onna, ricevendone da una donna un sacchettino. Obama, invece, si è fatto aspettare. Le due auto blindate nere sono giunte in piazza Duomo nel tardo pomeriggio, dopo aver tagliato parte della città. È passato per la tendopoli di Piazza D’Armi e, probabilmente, non si è manco accorto di un gruppo dei comitati cittadini che hanno steso un grande lenzuolo bianco con la scritta «Yes, we camp». È sceso dall’auto allegro, in camicia bianca e una svolazzante cravatta bluette, poi con passo yankee da bonario cow boy, è andato a stringere la mano alle autorità: il sindaco Massimo Cialente, il presidente della Regione Gianni Chiodi e la presidentessa della Provincia Stefania Pezzopane. Lo ha accompagnato Silvio Berlusconi che gli ha mostrato, su ampi cartelloni, il piano di ricostruzione della nuova Aquila provvidenzialmente scritto in inglese. C’erano pochi cittadini, per comprensibili motivi di sicurezza. Il presidente Usa ha subito visto i vigili del fuoco schierati, ed è andato verso di loro. Ha stretto mani e si è congratulato: «Un gran lavoro. Davvero un gran lavoro», ha detto complimentandosi con loro. Poi ha trovato anche il tempo per una foto di gruppo: lui con la camicia bianca abbagliante tra le tute gialle e rosse di questi uomini che saranno ricordati, anche qui, per la loro fatica. Anche Berlusconi si è fermato a parlare con i pochi aquilani che sono riusciti ad oltrepassare la muraglia della scorta. «Non so dove andrete voi ad agosto – ha detto sorridente – ma io ad agosto sarò qui». Anche il presidente americano ha ribadito: «Seguo la vostra tragedia fin dal primo momento. Vi sono vicino e vi assicuro che gli Stati Uniti sono pronti ad aiutare l’Italia». Dalla piazza del Duomo con la cattedrale di San Massimo gravemente danneggiata, il corteo con Obama si è poi inoltrato nei vicoli, fino a giungere davanti al municipio. È un rudere. Tutto il centro è una enorme montagna di rovine. Non vi abita più nessuno, ed è consentito solo per poche ore al giorno agli abitanti di andare a vedere le pietre della loro casa e piangerci ancora davanti. È stata una visita veloce. Pochi minuti davanti al palazzo di governo, poi il corteo è ritornato nella piazza. Hanno chiesto a Obama di posare con le tre autorità politiche. Il presidente Usa si è trovato affianco alla presidentessa della provincia che, per la sua statura, gli arriva appena all’ombelico. Un breve attimo di imbarazzo, poi Obama, scherzando, si è abbassato fino alla statura della signora, ed anche lei ha sorriso divertita. Chissà se davvero i grandi sanno abbassarsi sempre all’altezza dei più piccoli, in questo modo.