I vigili del fuoco accompagnano uno sfollato in casa
Ci si è messo anche il vento forte, stamane, a scompigliare per un attimo di nuovo tutti i piani di Genova. Per un attimo è sembrato impossibile persino concedere agli sfollati - assiepati attorno alle tende della Protezione civile con scatoloni e valigie a rotelle - le due ore stabilite per rientrare. Poi l'allarme è rientrato, e dalle 9 di stamattina la straziante processione è cominciata.
La strada deserta, senza più auto parcheggiate ormai da settimane, i palazzi disabitati da ben oltre due mesi, alcune finestre rimaste aperte e un silenzio spettrale, se non fosse per il vociare degli sfollati che rientrano nelle case per due ore e dei cronisti e degli operatori fatti entrare a bordo di un piccolo pullman turistico aperto. Nella zona rossa di ponte Morandi, l'unica traccia che queste case fossero abitate sono le piante che resistono sui balconi. I primi cittadini a entrare sono stati alcuni inquilini dei civici 11 e 16 e 5 e 6, quelli più lontani dalla pila 10 del viadotto. Il capo protetto da un caschetto, e tre vigili del fuoco a fianco, hanno iniziato a riempire gli scatoloni forniti dal Comune, già montati per evitare di perdere tempo nelle due ore concesse, e a collocarli sulle piattaforme mobili da trasloco. In tutta la giornata, secondo i piani, entreranno 24 famiglie.
«Andiamo a prendere le cose della nonna, 90 anni la domenica prima del guaio. Rivuole le sue cose e, alla sua età, spesso si vive di superfluo». Lucilla aspetta accanto alle tende dei volontari, in via Fillak, il suo turno di tornare nelle case di via Porro evacuate il giorno del crollo del ponte Morandi. «Sono qui per la nonna - racconta - ma lì non ci rientro, va mia nipote: un anno fa è mancato mio padre e non voglio più metterci piede». La nonna, come la chiama, è Liliana Paoli, detta Lilli, terza moglie del padre, alle spalle una vita da musicista e compositrice. «Non è famosa, sia chiaro», racconta Lucilla, in mano una lunga lista di cose da prendere, tra cui «due pianoforti in miniatura da “scollare piano” da una mensola, come mi ha detto la nonna...». Sono i ricordi di una vita, trascorsa per la maggior parte degli anni proprio sotto ponte Morandi.
Ai ricordi di una vita uno degli abitanti di via Porro ha dovuto rinunciare. Non ha potuto raccogliere le sue cose perché ha trovato la casa completamente allagata a causa dell'acqua piovana fuoriuscita dalle cisterne di raccolta situate sul tetto del palazzo. Nonostante l'aiuto dei vigili del fuoco l'uomo ha dovuto rinunciare al momento a riempire i 50 scatoloni a disposizione. Ora si teme che il problema possa essersi verificato anche in altri palazzi. Una donna, invece, non ha retto all'emozione: ha avuto un momento di sconforto, è scoppiata a piangere e ha interrotto la visita in casa. La donna poi si è ripresa.
«Ho una lista di cose da prendere. So già che non la rispetterò e so già che, una volta fuori, avrò dimenticato qualcosa...». Giusy Moretti, portavoce del comitato sfollati di ponte Morandi, sarà tra le ultime a rientrare nella propria casa. «Il mio turno è sabato pomeriggio - spiega - sono qui per rivedere gli amici di una vita, le persone della mia scala con cui abbiamo condiviso 50 anni». Due ore non sono tante per ritrovare le proprie cose tra quelle mura abbandonate di corsa lo scorso 14 agosto. «È il meglio che abbiamo potuto ottenere - dice - e comunque potremmo rientrare altre volte. Mia figlia vuole la sedia a dondolo, spero riusciremo a prenderla. E poi vorrei l'orologio di mio padre, quello che gli hanno regalato quando è andato in pensione dalle Ferrovie. Spero di trovarlo, perché ho un vuoto di memoria e non ricordo dove l'ho messo...». Alle sue spalle i monconi del viadotto, monumento di una tragedia che mai avrebbe immaginato. «Paura del ponte? Non l'ho mai avuta, neppure il giorno che è caduto».