L>a conta si fa forsennata. E, fra cambi di casacca e gravidanze, il pallottoliere alla Camera si avvicina a un "quasi-pareggio", a uno scarto minimo. Dopo l’annuncio del finiano Giampiero Catone, che ha convocato i giornalisti lunedì alle 11 «per importanti comunicazioni» (la nota dice proprio così), gli ultimi conteggi a Montecitorio propendono, a livello di voti "sicuri", per un 313 pari e, dando per scontata l’astensione dei due deputati della Svp, finiscono con l’assegnare un ruolo quasi chiave a Rolando Nicco, 58enne rappresentante della Val d’Aosta. Questo nell’ipotesi che il 14 si presentino a votare (ipotesi a oggi ritenuta la più probabile) le tre onorevoli incinte, tutte e tre di opposizione al governo: si tratta di Federica Mogherini del Pd e delle finiane Giulia Bongiorno e Giulia Cosenza (su quest’ultima sembrano appuntarsi le maggiori incertezze, per via di qualche complicazione dell’ultima ora). Il discorso resta diverso al Senato, dove la maggioranza continua a non essere in discussione (e l’ultima conta dà, se tutti fossero presenti, 161 a 149 per il centrodestra, senza contare i 6 senatori a vita).Quello di Catone, formalmente ancora iscritto al gruppo di Futuro e libertà, viene dato ormai come un voto contrario alla sfiducia al governo. Una quasi certezza ancor più avvalorata dal fatto che Silvio Berlusconi ha presenziato, in serata, a un concerto di beneficenza all’auditorium Santa Cecilia che aveva fra gli sponsor proprio
La Discussione, il quotidiano di Catone sovvenzionato da fondi pubblici.Secondo il borsino più aggiornato, la mozione di sfiducia a Berlusconi può fare affidamento alla Camera al momento - contando i voti dei sei radicali - sui 34 deputati di Fli (escluso il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che per prassi non vota); i 206 del Pd; i 22 dell’Idv che ha appena perso due unità (Razzi e Scilipoti); i 35 dell’Udc di Casini; i 6 rutelliani dell’Api; i 5 dell’Mpa; 2 LibDem (Italo Tanoni e Daniela Melchiorre), più Paolo Guzzanti (benché ancora dubbioso), Giuseppe Giulietti e Giorgio La Malfa. Sull’altro fronte la maggioranza conta invece su 309 voti più che certi (235 Pdl; 59 Lega; 12 Noi Sud; e poi Francesco Nucara, Francesco Pionati dell’Adc e il liberaldemocratico Maurizio Grassano, che vota però in modo difforme da Tanoni e Melchiorre). Ma quasi certi sono anche i 4 no del "Movimento di responsabilità" formato da Massimo Calearo, Domenico Scilipoti e Bruno Cesario («Vedrete che alla fine voteremo tutti contro la sfiducia», assicura Cesario) e, appunto, del finiano Catone.Nell’attuale caso, peraltro, la soglia per avere la maggioranza si abbasserebbe da 316 a 314 (ci sono Fini che non vota e le due astensioni ribadite dell’Svp). Il deputato numero 629 è Nicco e va ricordato che, in caso di pari (causa assenze), la sfiducia non passerebbe. C’è poi un altro fattore da considerare. Chi esce dal partito di origine, perché pronto a votare in dissenso, punta a costituire subito una componente autonoma anche per il vantaggio economico che ne ricava: una componente di tre persone, ad esempio, con tanto di simbolo (se non si sono presentati alle elezioni ne prendono uno che magari non viene più utilizzato come ad esempio quello del "Maie" dell’argentino Merlo, usato dai liberaldemocratici) riceve al mese circa 4.500 euro (il che significa circa 54mila euro l’anno), cioè 1.500 euro a deputato, oltre ad un ufficio e a tre dipendenti pagati dalla Camera. Nel Pdl comunque si ostenta ottimismo affermando, senza circostanziare la cosa in alcun modo, che sarebbero pronti a sostenere il governo pure due esponenti del Pd insieme a uno dell’Udc e ad uno dell’Mpa.