Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, in piedi durante una fase della conferenza stampa, fra il titolare dell’Interno, Matteo Piantedosi, e il capo del governo, Giorgia Meloni - Ansa
Roma Sale a 21 miliardi la posta dedicata all’emergenza energia e inflazione nella prossima Legge di bilancio. Si tratta dell’intera quota che il governo ricaverà fissando il deficit programmatico nel 2023 al 4,5% del Pil (rispetto al tendenziale del 3,4%) nella Nadef approvata ieri dal Consiglio dei ministri. Il documento è la cornice all’interno della quale verrà disegnata entro una decina di giorni la manovra. Mentre più sul breve termine è in preparazione il decreto che interverrà per prorogare gli aiuti contro il caro-bollette negli ultimi due mesi dell’anno. Decreto che sarà finanziato con l’extragettito dell’Iva (dovuto a crescita del Pil e inflazione) lasciato in eredità dal governo Draghi. Si tratta di 9,5 miliardi che per essere utilizzati hanno bisogno del via libera preventivo delle Camere a un aggiustamento di bilancio. «Facciamo un appello al Parlamento affinché lo approvi in tempi brevi», ha detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, durante la conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri. Il nuovo dl aiuti potrebbe essere approvato verso la fine della prossima settimana. «Per quanto riguarda il 2023 l’indebitamento programmatico al 4,5% ci consente di liberare altri 22-23 miliardi per affrontare il caro energia. Di fatto individuiamo risorse per oltre 30 miliardi di euro per affrontare l’emergenza energetica», ha aggiunto la premier.
La Nadef fissa poi l’obiettivo di un deficit programmatico finale al 3% nel 2025, anno nel quale il debito pubblico dovrebbe calare al 141,2%. La destinazione al capitolo energia di tutto lo scostamento sul deficit 2023 non esaurirà comunque la manovra, destinata a salire oltre i 22 miliardi netti. Meloni e il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti (che ha parlato di un «approccio prudente, realistico e sostenibile»), non hanno voluto dare cifre complessive, però hanno chiarito che il resto delle spese dovrà essere finanziato con nuove entrate o risparmi di bilanci, non con altro deficit.
L’impostazione della Nadef è dunque ispirata alla cautela, come ha voluto sottolineare anche la Commissione Ue ieri, 24 ore dopo l’incontro della Meloni con Ursula von der Leyen: il governo italiano intende affrontare in maniera prudente e ragionata la stesura della manovra, hanno informato fonti comunitarie come per mettere un paletto. Le stesse fonti hanno aggiunto che la richiesta di «maggiore flessibilità e di eventuali modifiche» al Pnrr, avanzata dal governo italiano a Bruxelles, sarà effettuata «restando all’interno del regolamento» del Recovery. La richiesta, hanno spiegato dalla Commissione, è stata argomentata dalla premier per «le condizioni oggettive» del contesto economico, con «l’inflazione al 10%, l’aumento di alcune materie prime al 30% che possono avere conseguenze sugli obiettivi del Piano». Tornando alla manovra, la lista delle spese aggiuntive, almeno sulla carta, è lunga.
Poi si tratterà di vedere cosa riuscirà effettivamente a entrare nella legge. C’è la conferma del taglio contributivo in vigore dallo scorso gennaio. La proroga degli strumento pensionistici di uscita dal lavoro già in essere (Opzione donna, Ape sociale e probabilmente una nuova versione di “Quota 102”). Poi sul fisco l’estensione della tassa piatta per gli autonomi e, forse, quella incrementale per i dipendenti. Ancora ci sono da valutare spese obbligate come l’indicizzazione delle pensioni in essere e il rinnovo dei contratti pubblici. Su piano delle coperture potranno arrivare fondi dalle modifiche al Reddito di cittadinanza e al Superbonus edilizio. E soprattutto dalla annunciata nuova rottamazione delle cartelle esattoriali.
Mentre ci sarà anche a una nuova spending review dei ministeri: dovrà dare 800 milioni nel 2023, 1,2 miliardi nel 2024 e 1,5 miliardi nel 2025. Nella manovra «noi vogliamo dare dei segnali, sugli impegni presi e sul programma - ha osservato Meloni -, ma tutto verrà fatto nelle more dei 22 miliardi. Noi riteniamo di recuperare altre risorse facendo scelte politiche. Intendiamo togliere risorse su cose che non hanno funzionato e dirottarle su altre ». Secondo il documento approvato ieri il Pil quest’anno chiuderà al 3,7% (invece del 3.3% previsto a settembre), mentre nel prossimo anno inchioderà allo 0,6%. Fermo restando che nella condizione attuale di incertezza le previsioni restano tutte a rischio. La carne al fuoco non manca e Meloni ha annunciato che aprirà un tavolo di confronto con le parti sociali: già la prossima settimana incontrerà i sindacati. Infine, il governo ha istituito 2 nuovi comitato interministeriali: uno per il Made in Italy e uno per le politiche del Mare.