lunedì 4 marzo 2024
Arrestata nel 1985 dopo oltre 5 anni di latitanza, anche in libertà, da scrittrice, aveva attaccato le vittime. Domenico Ricci, figlio dell'autista di Moro: non provo odio, prego per lei
Barbara Balzerani dietro le sbarre con Renato Curcio. A destra l'ex compagno Mario Moretti

Barbara Balzerani dietro le sbarre con Renato Curcio. A destra l'ex compagno Mario Moretti - Fotogramma

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«Era una guerra e le guerre non si fanno solo con le armi che uccidono sul colpo. Ci vogliono quelle che lo fanno più lentamente, che ti avvelenano la mente e ti cambiano le sembianze, fino a che non ti riconosci più perché sei diventato come il padrone voleva che fossi». Così l’ex Primula rossa delle Brigate Rosse, Barbara Balzerani, nel suo ultimo libro “Risveglio” in cui aveva accennato alla sua malattia. È morta a 75 anni da “irriducibile” militante, scrittrice e molto attiva sui social, punto di riferimento fino all’ultimo di una generazione di nostalgici che non si sono mai rassegnati ad aver perso quella che considerano una “guerra” contro lo Stato “borghese” e “capitalista”.

Originaria di Colleferro era entrata nelle Br a 26 anni, nel 1975. Fra i punti di riferimento della colonna romana, con Mario Moretti suo compagno di allora, che gestì il sequestro di Aldo Moro nella primavera del 1978 e la base operativa di via Gradoli.

Partecipò personalmente al commando che assaltò le auto dello statista democristiano e massacrò la sua scorta. Fu arrestata a Ostia solo nel giugno 1985 dopo lunghi anni di latitanza diventata leggendaria - segnalata in tutte le grandi città italiane, a Parigi, in Germania, in Nicaragua – a seguito di un lungo pedinamento, e di una brillante operazione portata a termine dalla squadra antiterrorismo dei Carabinieri capeggiata dal colonnello Domenico Di Petrillo, con il contributo del collaboratore Walter Di Cera che la riconobbe, nonostante i tratti molto cambiati, nella foto scattata durante l’operazione.

Oltre all’agguato di via Fani prese parte a numerosi omicidi, compreso quello del magistrato Girolamo Minervini a Roma, nel marzo 1980, poi l’anno successivo partecipò al sequestro del generale della Nato James Lee Dozier. Dopo l'arresto dell’ex compagno Mario Moretti, avvenuto in quello stesso anno, alla guida della fazione delle “Brigate Rosse-Partito Comunista Combattente”, fece da anello di congiunzione fra la vecchia e la nuova stagione brigatista che si macchiò di nuovi omicidi. Condannata a sei ergastoli, dal carcere rivendicò, nel 1986, l’omicidio dell’ex sindaco di Firenze Lando Conti. Nota nell’organizzazione terroristica con lo pseudonimo di “Luna” trascorse 26 anni in carcere, poi ottenne nel 2006 la libertà condizionale.

«Una bellissima notizia» per Lorenzo Conti, figlio dell’ex sindaco di Firenze. «Lei ha continuato a rivendicare, a fare di tutto e di più. Non è stata punita dallo Stato come avrebbe dovuta essere punita», lamenta.

Di tutt’altro tenore le parole di Giovanni Ricci, figlio di Domenico, l'appuntato dei carabinieri autista di Aldo Moro ucciso in via Fani, oggi impegnato con il gruppo dell’Incontro in un percorso di riconciliazione: «Ha attaccato le vittime, la ho sempre combattuta in vita. Ma di fronte alla morte non provo odio, e da credente prego per lei».

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