domenica 22 dicembre 2013
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Il disinquinamento? «Una forza della natura». Vito Uricchio, ri­cercatore del Cnr di Bari, sorri­de della battuta. Che poi battuta non è. Perché è proprio la natura con la sua forza a riparare i danni ambientali provocati dell’uomo. E ora ci sono anche le evidenze scien­tifiche. Uricchio e i suoi colleghi ( Valeria Ancona, Angelo Nasacci, Paola Grenni e Anna Barra Carac­cioli) stanno applicando al terreno dato i concessione al Centro edu­cativo Murialdo di Taranto le stes­se tecniche usate con successo a Papigno, vicino Terni. Anche in quel caso suoli pesantemente con­taminati da Pcb, nichel, cromo, piombo, rame e zinco. Anche lì la presenza di un’industria siderurgi­ca. Poi, però, tempo quattro anni l’inquinamento è scomparso. «Nessuna bacchetta magica - spie­ga il ricercatore barese - . Solo un incentivo dato appunto alla 'forza della natura' attraverso la piantu­mazione e la cura di pioppi e ta­merici. Il resto lo hanno fatto pro­prio le piante».
La tecnica si chia­ma fitodepurazione. «In pratica ­riassume Uricchio - gli alberi, at­traverso le radici, assorbono gli a­genti inorganici come i metalli pe­santi. Contemporaneamente rila­sciano nel terreno sostanze che promuovono l’attività microbioti­ca. A loro volta i microrganismi, moltiplicandosi, non solo fertiliz­zano, ma depurano dagli agenti contaminanti organici come il pcb». Per rendere l’idea, in un grammo di terra in condizioni nor­mali ci sono 600 milioni di batteri di 15-20mila specie diverse. In un grammo di terreno fortemente in­quinato se ne trovano solo un mi­lione, di 5-8mila specie diverse.
L’a­rea del Centro Murialdo, al mo­mento delle analisi era intorno ai 70 milioni di batteri per grammo. Un livello tendente verso il basso. «Ripeteremo le misurazioni ad a­prile - sottolinea l’esperto - , cioè a un anno dalla piantumazione de­gli alberi. Ma è confortante che le piante superino già i tre metri». Per fitodepurare completamente questo terreno occorreranno co­munque dai tre ai quattro anni. «Quindi non tempi biblici», sotto­linea Uricchio. Che poi elenca an­che gli altri vantaggi. «Non bisogna portare materiali in discarica, ha costi molto contenuti e alimenta u­na filiera produttiva. Infatti di soli­to solo le radici degli alberi vengo­no contaminate dai metalli assor­biti. Il legno risulta sano. In questo caso le radici saranno termovalo­rizzate e produrranno energia. Il le­gno potrà essere rivenduto».
Ulti­ma domanda. La tecnica può esse­re utilizzata anche per disinquina­re i terreni intorno all’Ilva? «Certa­mente sì - risponde - . Anzi il suo costo contenuto si presta proprio all’utilizzo su grandi aree». Insom­ma la forza della natura conviene.
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