«Vi daremo mezz’ora per raccogliere le vostre cose. Le mamme con figli potranno andare in una casa d’accoglienza, i mariti no. E i bambini più grandi non potranno restare con le madri, andranno in una comunità per adolescenti » . Con queste premesse per forza «che la maggioranza di noi rifiuta l’offerta del Comune; quale famiglia accetterebbe di separarsi?» . Radu ha moglie e sei bambini tra i due e i dodici anni. Ogni tanto non finisce il discorso. «Sto pensando» , si scusa. A cosa, ce lo spiegherà solo prima di tornare nel buio del nuovo accampamento abusivo del quartiere Lambrate. Di sgomberi ne ha subìti una cinquantina, ma la grande maggioranza di quelli come lui resta in Italia, «perché in Romania ci trattano anche peggio» .Dall’inizio del 2007 a Milano sono stati compiuti 204 sgomberi, 28 già quest’anno, due solo ieri. Alla vigilia degli allontanamenti, nel 2007, secondo Caritas e Ismu ( il centro studi sulla multietnicità) in città si contavano 4.130 rom. Nel 2008 la prefettura ne aveva censiti 3.562, escludendo però giostrai e rom che vivono negli appartamenti. Secondo il Comune nell’agosto 2009 si contavano circa 1.400 rom negli insediamenti illegali, adesso sarebbero quasi 1.300. Le cifre non dicono però che la diminuzione non è data dal successo della politica delle ruspe, a cui quest’anno sono stati destinati 24 milioni di euro. «Semplicemente ci spostiamo fuori Milano – spiega Alexandru –, andiamo a Segrate, a Pioltello, vicino all’aeroporto di Linate, in altre province o sotto i ponti della ferrovia». Fino a quando non andranno a stanarli anche lì. Alexandru e Petru sorridono anche dei momenti peggiori. Come della notte in cui « la neve ha sfondato il tetto della baracca e i bambini si sono messi a gridare perché pensavano che fossero arrivate le ruspe del Comune». I caterpillar sono piombati il giorno dopo. Nel fuggi fuggi, con la neve che arrivava alle ginocchia « alcuni bambini hanno perso i quaderni con i compiti » , raccontano i volontari di Sant’Egidio. Alexandru e Radu in fondo sperano ancora. Sono contenti del loro lavoro di muratori: 6 euro l’ora, 50 euro al giorno. In nero. «È bello quando mostriamo alle famiglie italiane la nuova casa. Ci ringraziano, ci dicono bravi, ma non sanno che il loro muratore è un rom che da otto anni vive in baracche di cartone e cellophane». Il datore di lavoro si fida a tal punto da lasciare a loro l’uso dell’auto aziendale, « però il padrone non conosce la verità: sa che siamo romeni ma non gli abbiamo mai detto che siamo rom » . Più facile buttare giù un muro di cemento che un pregiudizio.«Come vi sentireste voi italiani se emigrando all’estero doveste negare di essere calabresi, siciliani o cristiani o ebrei? Ecco, adesso sapete cosa si prova » . Non chiedono quattrini, ne sconti, «l’affitto posso pagarlo, ma quando mostro il passaporto con le foto dei miei sei figli mi accompagnano fuori dicendo che mi faranno sapere». Tra gli accampati più d’uno finisce per avere problemi con la giustizia. Secondo il Comune dall’inizio di gennaio 181 rom sono stati coinvolti in reati. « È vero, ci sono tra noi anche persone cattive, ma non possono accusarci tutti. I rom non sono tutti delinquenti, come i siciliani non sono tutti mafiosi » . Alexandru e Radu tornano a chiudersi nei pesanti giubotti scuri. Sta per cominciare un’altra notte a zero gradi. «Dobbiamo uscire a cercare altri posti in cui accamparci. Ci sono degli amici muratori che dicono che a Segrate c’è un capannone abbandonato » . Domani Alexandru e Radu cominceranno a costruire villette nel Lodigiano. «I vigili però ci hanno detto che all’alba torneranno con le ruspe » . Finalmente Radu svela per cosa sta in pensiero. « Cosa risponderò ai miei figli quando mi chiederanno perché costruisco le case degli italiani ma non riesco a darne una anche a loro?» .