La crisi picchia duro sulla Penisola. Sta aumentando il numero dei poveri che bussano alle porte delle parrocchie e anche quello, inquietante, degli insospettabili. Lo conferma la Caritas italiana, che ha appena terminato un Consiglio nazionale ascoltando i rapporti sull’inizio del 2009 dei propri osservatori nelle 16 regioni ecclesiastiche italiane. Al termine del quale rilancia e invita gli organismi diocesani a fare ancor di più, intensificando e diversificando gli aiuti. Occorre infatti farsi carico sia del numero in crescita di persone afflitte dalle vecchie forme di povertà – ad esempio anziani soli e pensionati al minino, disoccupati, senza dimora, frequentatori «abituali » – sia delle persone che prima andavano in crisi alla quarta settimana e sono diventati frequentatori abituali. E soprattutto non bisogna lasciarsi sorprendere dalla galassia ancora sfocata all’orizzonte fatta di uomini e donne «normali », impoveriti da un recente licenziamento, da una separazione o che non riescono più sostenere il proprio tenore di vita. Universo avvistato alle porte dagli operatori e dai volontari, ma non ancora quantificabile e per il quale occorrono nuove risposte. Si teme solo che sia la punta di un iceberg mai visto prima ai centri d’ascolto. E che, però, può farcela a risollevarsi da solo con forme di aiuto innovative. Non la mensa o il pacco viveri, la strada vincente – in base alle sperimentazioni fin qui compiute nelle diocesi pilota con fondi di istituti bancari– è piuttosto quella del microcredito sociale o del prestito di sostegno alla famiglia, misure temporanee magari per non ritirare i figli dagli studi o non venire sfrattati. Gli ultimi dati Istat fotografano da tempo un incremento di popolazione sulla linea di quasi povertà. Sale per l’Istat dal 14,6 al 15,4% la percentuale di nuclei in difficoltà economiche alla fine del mese con segnali di disagio al Sud e nelle isole. Dati che la Caritas ritiene peggiorati per l’aggravarsi della crisi nel corso del 2009, tanto che alcuni osservatori diocesani rilevano un aumento del 30% dei poveri. Le famiglie indebitate sono passate, negli ultimi due anni, dal 24,6% al 26,0%. Il rischio povertà incombe sulle famiglie numerose, con figli minori o con anziani, soprattutto se non-autosufficienti. «La Caritas italiana – puntualizza il presidente, il vescovo di Lodi Giuseppe Merisi – incoraggia le iniziative diocesane di sostegno ai poveri già in atto. Spesso la Caritas diocesana è uno degli attori coinvolti nelle tante iniziative di aiuto partite. Naturalmente appoggiamo la creazione di un fondo di sostegno nazionale da parte della Cei con il quale non ci sovrapporremo, ma ci integreremo. Per conto nostro, le molte iniziative in campo a livello concreto rivelano generosità e fantasia da parte dei territori nell’affrontare la crisi. Per conoscere meglio le nuove situazioni daremo impulso all’Osservatorio della crisi con l’Università Cattolica». Dal 2000 al 2008, anche grazie ai fondi derivanti dall’otto per mille, le Caritas diocesane hanno realizzato oltre 1200 progetti a livello locale, di cui 164 tuttora in corso di realizzazione. Complessivamente questi progetti hanno impiegato risorse per oltre 130 milioni di euro. «L’invito a tutte le Caritas – prosegue Merisi – è pensare ora a forme nuove di sostegno al reddito famigliare. Penso a chi è in cassa integrazione o lavora a settimane alterne o a chi è precario. Dobbiamo sostenere anche parti del mondo produttivo, come le cooperative di tipo B degli enti della Consulta ecclesiale e di Federsolidarietà, che danno lavoro soprattutto ai soggetti più deboli o. al mondo artigianale e del commercio in riferimento soprattutto a mancati pagamenti che possono mettere in crisi il lavoro e l’attività». Anche se non si intravede l’uscita dal tunnel, per il presidente della Caritas italiana vi sono comunque elementi positivi. «Possiamo cercare di cambiare gli stili di vita con due parole chiave, solidarietà e sobrietà. E cambiare il nostro metodo di lavoro, aumentando la sinergia con gli enti locali, con le banche e gli attori del territorio. Da questo momento difficile possiamo uscire tutti più forti». Il vescovo Merisi