Non si spengono le polemiche suscitate dalla sentenza che affida una bimba di tre anni a una coppia omosessuale, il Tribunale per i minorenni di Bologna, che aveva preso la discussa decisione. E le motivazioni del decreto con cui i giudici hanno respinto il ricorso della Procura al provvedimento non fanno che aprire nuove, pesanti perplessità sulla scelta: «In assenza di certezze scientifiche o dati di esperienza – scrive il collegio presieduto da Giuseppe Spadaro – costituisce mero pregiudizio la convinzione che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale».Non solo: «La bambina – aggiunge il Tribunale bolognese – proviene da un nucleo monogenitoriale ove già esiste una sorella, e ha chiari i suoi riferimenti parentali, i quali, stanti i lunghi periodi di assenza della figura paterna, avrebbero potuto essere compromessi con il suo inserimento in una famiglia di tipo tradizionale formata da una nuova coppia di genitori e da altri bambini loro figli». Meglio allora – questo il singolare ragionamento dei giudici – una coppia dello stesso sesso. «L’irreperibilità di soluzioni più tutelanti – hanno spiegato fonti interne al Tribunale – e l’inopportunità per l’equilibrio della bambina di allontanarla dal contesto familiare per inserirla in un altro a lei ancora sconosciuto hanno condotto all’individuazione degli attuali affidatari».
Sembra assodato che la bimba, di famiglia straniera, che viveva con la sorella più grande e la mamma nella città emiliana, conoscesse da tempo i due 'zii' con cui vive ormai da febbraio scorso. Gli stessi che si occuperanno di lei per 24 mesi, rinnovabili, come ha stabilito il Tribunale minorile di Bologna. Il provvedimento del giudice tutelare era stato impugnato dalla Procura minorile del capoluogo emiliano, perché «c’è stata poca trasparenza» ha spiegato il procuratore capo Ugo Pastore. Non era chiaro – secondo la Procura – se fossero state vagliate altre strade, prioritarie per legge, come l’affido a una coppia con altri figli minori. «La circostanza per cui la minore è stata affidata alla coppia, e non ai due componenti della stessa singolarmente non è in contrasto con le norme di legge – ribatte il Tribunale –. Considerare in questo caso i due componenti non idonei in quanto coppia significherebbe affermare che ciò è dovuto alla loro unione e quindi alla loro sessualità». Sulla vicenda non ha potuto esimersi dall’intervenire anche il Garante per l’Infanzia, Vincenzo Spadafora: «È ormai giunto il momento che nel nostro Paese si apra un dibattito in tema di diritti civili e quindi anche un confronto sulle adozioni alle coppie omosessuali ». «Se volesse garantire davvero l’infanzia – replica Eugenia Roccella – invece di fare dichiarazioni ideologiche dovrebbe chiedere al Tribunale di Bologna qual è il modello di famiglia che si vuole trasmettere alla bambina. Dovrebbe chiarire in quale punto della legge si prevede esplicitamente la possibilità di affidare un minore a una coppia omosessuale».