domenica 15 maggio 2011
Il 17 maggio 1981 il referendum sull’aborto vedeva la sconfitta del fronte cattolico: il sì all’abrogazione della legge 194 si fermò al 32%. «Ma dopo la consultazione si sono moltiplicati i centri di aiuto, che hanno fatto nascere 130mila bambini: un grande risultato Abbiamo mantenuto vivo il problema ancora oggi».
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«Ci si chiede spesso come formare le nuove generazioni alla politica. Penso che la campagna referendaria contro la legge sull’aborto fu una grande scuola, un metodo di formazione alla cosa pubblica che continua ancora oggi nell’impegno per la difesa della vita». Il presidente del Movimento per la Vita, Carlo Casini ricostruisce le vicende di quel 17 maggio 1981, con lo sguardo rivolto all’attualità. «La prima cosa che mi viene in mente – racconta Casini – è l’entusiasmo puro dei giovani, giovani di realtà ecclesiali, movimenti, delle parrocchie, animati solo da un ideale. Quando ho fatto quella campagna referendaria non avevo una grande esperienza da parlamentare. Con gli anni ho visto la frequenza con cui, quando vai in giro, la gente ti fa richieste personali, domande di raccomandazione. Ma nessuno, dico nessuno, in quella campagna referendaria mi ha mai chiesto nulla, tutti hanno offerto la loro disponibilità e basta. Quella era politica pura. Mi ricordo ragazzi e ragazze per la prima volta a parlare su un palco. "Come faccio?" si chiedevano con imbarazzo. "Stai difendendo un valore fondamentale", era la risposta ed allora si buttavano a fare il discorso. Così hanno scoperto la dimensione del sociale».Che il referendum fosse respinto era prevedibile, «le nostre informazioni alla vigilia ce ne davano indicazione, ma ciononostante – assicura – eravamo e siamo convinti che quella battaglia sia stata tutt’altro che inutile». Tra i più importanti effetti positivi, l’unità delle realtà del mondo cattolico. «È vero che i "sì" non superarono il 32% – spiega il presidente del Mpv – ma non ci furono quelle lacerazioni che si verificarono nella battaglia referendaria contro il divorzio. Ci fu una ricomposizione culturale e non un’ulteriore decomposizione. Un fatto molto importante. Ambienti come quelli della Lega democratica che si era schierata in modo duro a favore del divorzio nel referendum del 1974, condivise la nostra battaglia. Anche le Acli che si erano frantumate nella consultazione di sette anni prima, assunsero una posizione unitaria a favore del nostro referendum».La «ricomposizione» del mondo cattolico sperimentata allora è oggi «elemento di grande speranza per la vita politica», al di là delle dislocazioni partitiche, in vista di «un collegamento, operativa e strategico, più ampio». Perché è chiaro che chi difende la vita nascente «non può pensare egoisticamente gli altri ambiti della vita sociale». C’è il «presagio di una unità ancora più grande», Casini cita la emblematica dichiarazione di Norberto Bobbio alla vigilia del referendum: «Mi stupisco che i laici lascino ai credenti il privilegio e l’onore di affermare che non si deve uccidere».La testimonianza che il principio di eguaglianza tra gli uomini va declinato in tutta la sua estensione, dal concepimento alla morte naturale, per il leader storico del Mpv«ha avuto nel tempo un impatto, emotivo e razionale, formidabile tanto da provocare cambiamenti di posizione tra politici e medici». Ma ora a cosa guardare? «Abbiamo sempre avuto la consapevolezza – risponde – che il referendum sarebbe stato solo un episodio della battaglia in difesa della vita, che ha una dimensione molto più vasta. Comunque subito prima e dopo la consultazione si sono moltiplicati i centri di aiuto alla vita, che hanno fatto nascere 130mila bambini: un grande risultato. Senza il nostro impegno quel capitolo si sarebbe chiuso come è avvenuto in tanti altri Paesi europei, noi invece abbiamo mantenuto vivo il problema che oggi è ancora sul tappeto». Casini annovera tra i momenti di mobilitazione unitaria importanti anche quello del riconoscimento dei diritti del concepito "ratio" informatrice della legge 40.Dopo il muro di Berlino, caduto grazie a Giovanni Paolo II, ce n’è ora un altro da infrangere: «Una barriera che impedisce il dialogo sui temi della vita: da una parte i cattolici dall’altra i laici, come se la questione della vita fosse solo un tema religioso, e non una questione fondamentale della società civile». Casini consiglia un binomio: «realismo» e «speranza». «Questo vuol dire coraggiosamente chiedere cose possibili – argomenta – e cioè in primo luogo scrivere nelle leggi che la dignità umana deve essere rispettata fin dal concepimento, è la questione della riforma dell’articolo 1 del Codice civile, riconoscendo capacità giuridica all’embrione. È necessaria poi una riforma radicale dei consultori familiari, che ne faccia lo strumento con il quale lo Stato non rinuncia a difende la vita, servendosi del consiglio e dell’aiuto dei nostri centri, favorendo in tutti i modi anche le maternità difficili e non desiderate».
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