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In attesa di capire quale veste avrà il provvedimento di legge che ne inquadrerà il funzionamento, è il presidente del Consiglio a fugare i dubbi più ricorrenti sull’obbligo o meno dell’utilizzo di 'Immuni', l’applicazione individuata dal governo (fra quelle segnalate dal gruppo di 74 esperti) come strumento da utilizzare per il contenimento dei contagi da Covid–19. «L’app per il tracciamento dei contagi sarà solo volontaria e non ci saranno pregiudizi per chi non vorrà scaricarla », dice dunque Giuseppe Conte in Aula al Senato. Il tracciamento, ragiona il premier, «è necessario per evitare la diffusione del virus», ma il suo utilizzo non sarà obbligatorio e «non ci saranno limitazioni per chi non la scarica».
Il governo non ha ancora messo a fuoco il quadro legislativo e tecnico, anche se il commissario straordinario all’emergenza Domenico Arcuri ribadisce la necessità dello strumento («Sarà fondamentale per la fase 2») ai fini di un alleggerimento delle misure del lockdown: «Stiamo attrezzando una batteria di strumenti per accompagnare questo possibile alleggerimento e uno è il contact tracing. Alleggerire le misure di contenimento significa essere in condizione di mappare tempestivamente i contatti». In caso di mancato utilizzo dell’app, considera Arcuri (che oggi sarà ascoltato dal Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza), l’alternativa sarebbe semplice e drastica: «Le misure non potranno essere alleggerite e dovremo continuare a sopportare i sacrifici di queste settimane».
Nodi e interrogativi, sottolineati in questi giorni da giuristi e dai Garanti della privacy italiano ed euro- peo, sono al vaglio dell’esecutivo, che sta valutando quali possano essere le risposte adeguate a garantire il funzionamento dell’applicazione da un lato, ma anche a tutelare i diritti dei cittadini: «Le app di tracciamento possono essere utili, ma è necessario garantire la sicurezza dei dati di 60 milioni di italiani», osserva il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, parlando di un’esigenza «irrinunciabile». Sul piano politico, in Parlamento si prepara un confronto serrato sulla questione.
Secondo quanto si apprende, su 'Immuni' si sarebbe già tenuto un incontro in videoconferenza del governo con esponenti di maggioranza e opposizione. Nella riunione, era presente fra gli altri la ministra dell’Innovazione tecnologica Paola Pisano, che ha offerto ampie garanzie sull’applicazione (utilizzo volontario, rispetto della privacy, entrata in funzione dopo il via libera del Parlamento). L’esecutivo non ha ancora dato indicazioni sul tipo di veicolo normativo (forse un decreto legge, da convertire poi in Parlamento) né sui tempi (presumibilmente entro i primi di maggio), ma ha assicurato a maggioranza e opposizione che manterrà un costante confronto in ogni passaggio relativo all’entrata in funzione di 'Immuni'. Nel Pd, i chiarimenti di Conte in Aula sono stati apprezzati, ma la richiesta è che si definisca il “veicolo legislativo” che sarà usato. Per la Lega, parla il leader Matteo Salvini: «L’app? Tecnologia utile, ma la libertà non è in vendita – avverte –. Un commissario non può certo derogare dai diritti costituzionali senza che sia il Parlamento a essere investito di decisioni così delicate».
Restano da sciogliere tanti nodi legati al tracciamento elettronico, non solo tecnici: dalla privacy alla sicurezza nazionale. Oggi il commissario sarà ascoltato dal Copasir. Lamorgese: «Necessario garantire i dati degli italiani»
Mentre la vicepresidente della Camera Mara Carfagna (Forza Italia) chiede che il ministro Lamorgese e il Garante per la privacy Antonello Soro vengano «sentiti dal Parlamento», per evitare «esperimenti», visto che la app «inciderà sulle libertà fondamentali degli italiani». Sul piano tecnico, la soluzione adottata avrà bisogno di poter girare su piattaforme comuni ai diversi modelli di cellulare. Google e Apple hanno anticipato che a maggio rilasceranno strumenti per consentire l’interoperabilità tra dispositivi Android e iOS, utilizzando le app delle autorità sanitarie pubbliche. Ma ci potrebbe volere qualche altro mese prima che entrambe riescano ad approntare una più ampia piattaforma di tracciamento dei contatti basata su Bluetooth. Si discute inoltre se i dati debbano essere depositati solo sulle memorie degli smartphone e trasmessi in forma anonima a un database centrale o invece custoditi in un unico server pubblico iperprotetto da eventuali violazioni informatiche.
Ancora, siccome alcune Regioni hanno già attivato proprie App di assistenza sanitaria (in Lombardia, ad esempio, si chiama «AllertaLom»), servirà poi una norma che le unifichi e assorba, per evitare confusione nei cittadini. Per funzionare, la 'ragnatela' via Bluetooth dovrebbe riguardare almeno il 60% dei cittadini. In ogni caso, fa notare Francesca Bria, una dei 74 esperti individuati dal governo, «per fare in modo che la mappatura dei contatti sia efficace, il contact tracing digitale deve essere integrato nel sistema sanitario come parte di un’ampia strategia che rafforza le reti sanitarie del territorio, e quindi con il “contact tracing manuale”, sulla scorta di quanto fatto a Singapore ». E sarà, prosegue l’esperta, «il personale sanitario a prendere le ultime decisioni e comunicarle con competenza alle persone coinvolte». Infine la app, conclude Bria, «dovrà anche essere sviluppata secondo principi e regole chiari su sicurezza dei dati e privacy, elencate dai maggiori esperti italiani ed europei di tecnologia e diritto in una lettera aperta pubblicata dal Centro Nexa di Torino».