lunedì 10 marzo 2014
​Chiesti 20 anni di reclusione e altri 6 di ospedale psichiatrico giudiziario come misura di sicurezza per Adam Kabobo, il ghanese che lo scorso 11 maggio ha ucciso con un machete tre passanti.
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Chiesti 20 anni di reclusione e altri 6 di ospedale psichiatrico giudiziario come misura di sicurezza per Adam Kabobo, il ghanese che lo scorso 11 maggio ha ucciso con un machete tre passanti: Daniela Carella di 21 anni, Alessandro Carolé di 40 ed Ermanno Masini di 64.a richiesta è stata formulata dal pubblico ministero Isidoro Palma nel procedimento con rito abbreviato davanti al giudice per l'udienza preliminare Manuela Scudieri, in cui il Comune si è costituito parte civile accanto ai familiari delle vittime. Il pm ha chiesto per Kabobo oltre al carcere, la misura di sicurezza di 6 anni da trascorrere in una casa di cura e custodia una volta espiata la pena. A quanto si apprende, Palma nel quantificare la pena ha calcolato come unico sconto solo quello previsto dal rito scelto e dalla semi infermità mentale diagnosticata dal perito che lo ha ritenuto comunque parzialmente capace di intendere e di volere al momento del fatto malgrado soffra di schizofrenia paranoide. Palma nella sua discussione ha indicato tre possibili moventi per quanto commesso da Kabobo: il "rancore verso la società da cui si sentiva escluso"; la "finalità depredatoria", visto che dopo aver ucciso i passanti, li ha rapinati del cellulare; e "l'esigenza di attirare su di sé l'attenzione". Infine il magistrato ha sottolineato che l'imputato "ha agito con lucidità malgrado la schizofrenia di cui soffre, perché quando una delle sue vittime è scappata dentro a un portone, lui ha cambiato obiettivo". In questo procedimento Kabobo è accusato dei tre omicidi aggravati e rapina, mentre le accuse di lesioni su altri due passanti che sono riusciti a salvarsi, sono state stralciate e sono ancora in fase di indagini. La sentenza sarebbe prevista per il pomeriggio, ma in l'udienza ha subito un'interruzione per un problema di interprete che non aveva detto di non essere in grado di tradurre il dialetto dell'imputato nel caso intenda rilasciare dichiarazioni. Ora il procedimento è ripreso e la parola passa ai legali di parte civile e dopo ai difensori.
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