mercoledì 17 luglio 2013
L'Istat fotografa un aggravamento delle condizioni di vita per molti italiani: il 13,7% vive in condizioni di assoluta indigenza. Ma i “poveri relativi” sono addirittura nove milioni e mezzo. Marsico (Caritas Italiana): la povertà assoluta è una «questione irrinunciabile per il Governo».
Emergenza casa: a Milano sei sfratti al giorno
Un fisco che "salvi" le famiglie: la svolta che si impone di Francesco Riccardi
COMMENTA E CONDIVIDI
Nel 2012 in Italia si registra un forte balzo della povertà relativa e di quella assoluta. Secondo l'Istat nel nostro Paese ci sono 9 milioni e 563mila persone in stato di povertà relativa (il 15,8% dell'intera popolazione): quasi due milioni in più rispetto al 2011 quando gli italiani in condizioni di “povertà relativa” erano 8 milioni e 173mila (il 13,6% del totale).Ancora più preoccupante il dato della povertà assoluta: l'Istat ha registrato nel 2012 4 milioni e 814 mila persone in questa condizione (l'8% del totale della popolazione): un milione e 400mila persone in più rispetto al 2011.   Famiglie. La povertà coinvolge 3 milioni e 232 mila famiglie in povertà relativa (il 12,7 per cento) e un milione e 725 mila famiglie in povertà assoluta (il 6,8 per cento delle famiglie residenti in Italia). Dati che fanno segnare un aumento dell'incidenza di povertà relativa tra il 2011 e il 2012 dall'11,1 per cento al 12,7 per cento, mentre per la povertà assoluta l'aumento dell'incidenza passa dal 5,2 per cento al 6,8 per cento. Le reazioni. Secondo il vicedirettore vicario della Caritas Italiana, Francesco Marsico, «l'aumento di tutti gli indici insieme è un fatto inedito». E invita a «trovare forme e risorse per dare un sostegno o almeno un sollievo agli indigenti. A cominciare dagli aiuti ailmentari». Per Marsico la povertà assoluta è una «questione irrinunciabile per il Governo». Perchè, aggiunge, «il picco raggiunto dai dati della povertà assoluta e il concomitante aumento della povertà relativa mostrano una situazione drammatica soprattutto per l’assenza di misure di contrasto alla povertà economica nel nostro Paese, come un reddito minimo o misure di sostegno alle famiglie, e la parziale copertura del rischio di perdita del lavoro, come gli ammortizzatori sociali».
La Fondazione Zancan, da parte sua, chiede «molto più coraggio per sconfiggere la povertà» E il suo direttore, Tiziano Vecchiato, chiede di non affidarsi a «oluzioni settoriali e incapaci di dare speranza per uscire dalla morsa della povertà. Le cure palliative non servono per guarire ma per ridurre la sofferenza» In questo senso, aggiunge, i numeri «mpongono di non assecondare più le “sirene”che propongono ulteriori trasferimenti monetari per aiutare i poveri a uscire dalla povertà». Per Gianni Bottalico, presidente nazionale delle Acli, «occorre frenare la perdita di posti di lavoro, attraverso un piano industriale capace di rilanciare la produzione in Italia e di valorizzare le professionalità, ed occorre intervenire sul piano fiscale con nuove detrazioni per dare ossigeno alla capacità di spesa delle famiglie, prima che i numeri del disagio sociale, ed in particolare quelli relativi alla povertà assoluta, risultino ingestibili politicamente e per sboccare la dinamica dei consumi, a cui sono appese le possibilità di ripresa».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: