«Attorno all’elettrochoc si è creato un alone misterioso e distorto come poche volte è accaduto nella storia della medicina». Il professor Massimo Rabboni, primario di psichiatria dell’ospedale di Bergamo e docente alla Bicocca, invita a valutare la discussa tecnica da un rigoroso punto di vista scientifico. «Prima di tutto, la Tec va inquadrata in una prospettiva storica. Scoperta alla fine degli anni ’30, la si applicava come si poteva all’epoca, con strumenti che oggi giustamente appaiono impropri. Non si usava l’anestesia, che fu introdotta solo negli anni ’40. La Tec era abbastanza utilizzata, è vero, ma teniamo conto che allora non esistevano gli psicofarmaci, introdotti solo negli anni ’50. Oggi si applica solo in rari casi, a uno psichiatra capita di prescriverla 3-4 volte in carriera. E non è vero che in Italia se ne fa un uso disinvolto, in Europa siamo quelli che l’applicano meno».
Dunque la Tec può rivelarsi ancora utile?Bisogna sempre valutare rischi e benefici, come per tutte le cure mediche. Nemmeno gli psicofarmaci sono innocui. Occorre superare i pregiudizi: esistono altri trattamenti fisici basati sull’elettricità, su cui però nessuno trova nulla da obiettare.
Quali sono?Uno prevede l’inserimento chirurgico di un elettrodo vicino al nervo vago, che riceve impulsi ad intermittenza. Poi c’è la stimolazione cerebrale profonda: alcuni elettrodi vengono inseriti nel cervello. Entrambe le tecniche hanno un effetto antidepressivo.
È indubbio però che queste terapie sollevino un quesito etico. Ogni volta che si cerca di restringere la ricerca per motivi non scientifici, si ottengono risultati perversi: le cose continuano a essere fatte in modo clandestino. Con danno per chi riceve le terapie, perché non sono più controllabili dalla comunità scientifica. Accade ad esempio per alcuni piccoli interventi chirurgici al cervello.
Si riferisce alla lobotomia?Quella era pura macelleria, per fortuna non si fa più. Ma esistono piccole operazioni parcellari: chi ha i soldi va a farle all’estero. Fino a pochi anni fa si praticavano anche in Svizzera, adesso si va all’Est o in Sudamerica. Il guaio è che hanno effetti irreversibili: se si sbaglia non si torna indietro.
Anche per la Tec, però, gli effetti collaterali sono documentati.Può creare danni alla memoria, ma anche alcuni antidepressivi presentano questo rischio. Lo stato confusionale, inoltre, dura 2 o 3 ore.
Allora perché continuare a praticarla?Forse perché chi è depresso e non reagisce ai farmaci rischia la vita. Dopo gli incidenti stradali, il suicidio è la seconda causa di morte tra i 16 e i 35 anni. Bisogna smettere di pensare che la malattia mentale non sia una vera malattia. Va curata come tutte le altre, tenendo presente che le cause sono sempre tre: biologiche, psicologiche e sociali, in percentuali diverse a seconda dei casi. Certamente servono maggiori controlli e si può pensare all’introduzione di un’autorizzazione preventiva della Tec. Ma bisogna fidarsi degli psichiatri. Non siamo tipi che vanno in giro a fare i buchi in testa alla gente o a metter loro le dita nella presa della corrente.
Ma a Bergamo utilizzate la Tec?No, non abbiamo il macchinario.