L'ex ministra del Lavoro Nunzia Catalfo - Ansa
Nunzia Catalfo, ex ministra del Lavoro, si occupa da oltre 30 anni di orientamento, selezione del personale, formazione, dispersione scolastica e aiuto all’inserimento in collaborazione con i Cpi-Centri per l’impiego. Inoltre è coordinatrice del Comitato per le politiche del lavoro del M5s.
Che ne pensa di questa piattaforma e dell’intenzione di intitolarla a Marco Biagi?
Per ora mi sembra un contenitore vuoto, devono essere messi ancora a sistema i contenuti. Questo governo non ha investito in politiche attive. Nel Conte I avevamo varato un piano per potenziare i Cpi e con il Pnrr del Conte II abbiamo stanziato oltre quattro miliardi di euro per il Piano Gol e il Piano nuove competenze: il 29% dei corsisti è già stato inserito in azienda. Il problema è come la nuova piattaforma si collegherà al Sistema informativo unitario e alle Regioni. Inoltre si caricano gli utenti di responsabilità: non è detto che tutti sappiano accedere ed eseguire le operazioni digitali richieste, che sono molteplici.
Servirà a rendere più occupabili le persone?
Una piattaforma non basta a far ciò e in più migliaia di percettori rischiano di restare fuori da tutto a causa dell’abbassamento dell’Isee da 9.360 a 6mila euro: sono i cosiddetti “esodati” del reddito di cittadinanza. Dopo quattro anni mancano ancora le assunzioni degli operatori nei Cpi. La formazione deve essere mirata e di qualità, ma soprattutto vanno considerati i contesti territoriali e le esigenze delle imprese.
Lei è la prima firmataria del disegno di legge sul salario minimo. Delegare il Cnel è stata la scelta giusta?
Le proposte di legge erano in discussione alla Camera da tempo, rimandare al Cnel è stato un modo per allungare i tempi. Ascoltare cittadini e lavoratori è fondamentale. Ci sono oltre 3,6 milioni di lavoratori che attualmente, pur essendo coperti da un contratto collettivo, guadagnano meno di nove euro l’ora, la soglia minima prevista dalla proposta di legge. Il nostro obiettivo è raccogliere un milione di firme in favore del salario minimo. Si deve guardare ai contratti collettivi nazionali stipulati dai sindacati e dai datori di lavoro comparativamente più rappresentativi a livello nazionale. I presupposti non sono dei migliori: lo stesso presidente del Cnel, Brunetta, si è detto apertamente contrario a questa misura. Una cosa deve essere chiara: non siamo disponibili a ulteriori perdite di tempo e a compromessi al ribasso. In Italia i salari sono schiacciati dall’inflazione e, come confermato dai dati Ocse, negli ultimi 30 anni sono diminuiti del 2,9% mentre in tutti gli altri Paesi sono aumentati.
Non sarebbe meglio potenziare i controlli sul rispetto dei Ccnl?
È chiaro che i controlli andrebbero rafforzati, anche con la creazione di un’apposita Commissione prevista dalla nostra proposta di legge. Ricordo anche che la Direttiva europea non esclude una legge sul salario minimo. Una soglia minima, nonostante ciò che dice la maggioranza, non rischierà di abbassare lo stipendio a chi oggi guadagna di più. L’articolo 2 della nostra proposta di legge rafforza la contrattazione in modo da definire una retribuzione proporzionata e sufficiente ai sensi dell’articolo 36 della Costituzione.
Il mercato del lavoro, tuttavia, sembra in salute...
Il tasso di occupazione è cresciuto, ma ne ha risentito la qualità del lavoro. Non c’è coordinamento nazionale: da ministro, avevo istituito un Osservatorio nazionale collegato a quelli regionali, mettendo tutto a sistema e rafforzando i Cpi. Sono ancora troppi i Neet, l’alternanza scuola-lavoro è da rivedere, mentre gli Its funzionano. Il 48% delle imprese, però, non riesce a trovare personale qualificato.
Come uscire da questo corto circuito?
È necessario cominciare percorsi di orientamento già alle scuole medie con professionisti. Va migliorata la sussidiarietà e la collaborazione pubblico-privato. La formazione deve essere continua e calibrata sulle esigenze delle imprese. Vanno ridotte le tipologie contrattuali, incentivando le assunzioni a tempo indeterminato. Va premiato il lavoro buono, stabile e di qualità.
Che effetto le fanno le minacce rivolte a Giorgia Meloni?
La violenza non è mai giustificabile e a Meloni va la mia solidarietà: bisogna avere sempre rispetto delle istituzioni. Ricordo però anche che il compito della politica è dare risposte alle persone in difficoltà e disperate, con particolare riguardo a coloro che vivono condizioni di emarginazione e disagio sociale.