Carlo Calenda, leader di Azione - ANSA
Per Carlo Calenda i toni duri del giorno dopo, che sembrano soffocare quel poco di dialogo che c’è stato venerdì tra governo e opposizioni sul salario minimo, sono solo un “rimbalzo tecnico”, nulla da prendere troppo sul serio. Il leader di Azione resta fermo al «fatto storico» accaduto intorno al tavolo di Palazzo Chigi. E da lì non si muove: «Noi siamo rimasti d’accordo - si riferisce all’opposizione, ndr - che avremmo continuato la nostra battaglia politica e infatti ci prepariamo a raccogliere le firme. Ma quello che è accaduto a Palazzo Chigi è molto importante per l’Italia. Una maggioranza e un’opposizione che si chiamano “fascisti” e “traditori della Patria” sono stati due ore a parlare dei dettagli tecnici del salario minimo. Penso non accadesse da trent’anni».
Si, però sembra che la strada per un accordo sia in salita...
Attenzione, alla fine del vertice Meloni ha detto una cosa nuova: parte un lavoro di confronto con il supporto del Cnel per inserire il salario minimo in quadro di provvedimenti più ampio sul lavoro. Molto diversamente non poteva andare. Non penso qualcuno si illudesse che la premier firmasse la nostra proposta.
A suo avviso quindi la proposta delle opposizioni sui 9 euro è ancora concertabile con il governo?
Meloni non ha detto “tolgo la vostra proposta dal tavolo”, ha detto che la vuole discutere in un contesto più ampio. A me sembra un risultato: noi potremmo ottenere il salario minimo solo se la maggioranza è d’accordo, diversamente diventerà una bellissima bandiera elettorale. Per carità, la sventolerò anch’io, però non è quello che ci chiedono i lavoratori poveri di questo Paese.
Andiamo nel merito: dove si può trovare un compromesso?
I punti problematici che ci ha evidenziato il governo sono l’articolo 7 della nostra proposta di legge, il Fondo di accompagnamento alle imprese, l’inclusione delle badanti e l’esclusione dei parasubordinati. Sul primo punto siamo pronti a quantificare meglio e sugli altri due siamo d’accordo. Poi tocca al governo presentare il suo piano su detassazione della produttività, incentivi ai rinnovi contrattuali e altre misure sulle quali mi sembra di poter dire che non ci sono grandi problemi.
Lei l’accordo lo “vede”, insomma. Ma se la premier volesse evitare il riferimento a una soglia minima oraria?
Senza una soglia minima non si risolve il problema del lavoro povero. Anche per i nuovi contratti relativi a settori e impieghi emergenti avere una soglia di 9 euro sarà una tutela per i lavoratori. Non se ne può fare a meno: è il pavimento della proposta.
Come farete a negoziare nel cuore di una campagna elettorale per le Europee?
Quello che ho proposto io agli altri leader è di isolare e creare un cappotto protettivo sulla questione dei salari. Litighiamo su tutto, tranne che su questo.
Esiste uno scenario in cui il dialogo prosegue solo tra maggioranza e Azione?
Per arrivare a fare il salario minimo serve che il fronte dell’opposizione sia coeso e compatto ma agganciato al governo. Personalmente seguo due principi. Primo, l’etica del confronto. Secondo, non rompo senza ragioni per rompere.
Opposizioni coese anche per il futuro?
No, su questo specifico tema. Il futuro non è il campo largo. Pd e M5s non vanno d’accordo nemmeno su un tema cruciale come l’Ucraina. Il mio obiettivo è un’area repubblicana che rompa questa logica dei due poli e da questo punto di vista ogni ponte che si crea per me è positivo.
Forza Italia sulle banche fa le vostre stesse critiche. Riuscirete a cambiare la norma?
Io spero di sì. Quella norma è fatta male. Se tu dici che tassi il margine, le banche semplicemente spostano gli utili sulle commissioni. L’intervento deve essere fatto sull’utile. Si vede che al governo ci sono persone che non hanno mai lavorato un’ora in un’azienda privata.
Ma Giorgetti norme simili le ha scritte anche con il governo Draghi...
Il ministro Giorgetti è bravo ma quando c’è da tenere una posizione in maniera dura, lui mette sempre la ragione di partito davanti a quella di Stato. È successo anche quando Salvini ha sfiduciato Draghi.
Domanda d’obbligo: ma conviene, sia a lei sia a Renzi, andare avanti a colpi di semiultimatum e logorarvi a vicenda?
Guardi io rispondo a queste domande per cortesia, fosse per me non ne parlerei più. Azione e Italia Viva sono già due partiti separati per volontà di Renzi. La storia è già finita. C’è il tema dei gruppi in comune: ma quei gruppi si sono formati dopo una campagna elettorale con il mio nome sul simbolo, quindi sono loro a dover andare via. Quando vogliono, la porta è aperta.
Quindi farà le Europee con il simbolo di Azione?
Questo poi vediamo...
Cioè?
Che non è detto. Sicuramente parleremo con +Europa e liberaldemocratici.