L'ingresso di alcuni alunni a scuola - .
Lo scorso novembre, una trentina di persone le diede la caccia all’interno della scuola media in cui insegna e picchiò selvaggiamente sia lei che suo padre, intervenuto per difenderla. Quei genitori sostenevano che quell’insegnante di sostegno 38enne dell’istituto “Catello Salvati” di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, si fosse macchiata di abusi sessuali sui loro figli. Stando all’inchiesta coordinata dalla Procura di Torre Annunziata, almeno in questo avevano ragione, e ora la donna è in carcere con l’accusa di maltrattamenti, violenza sessuale, induzione al compimento di atti sessuali e corruzione di minore. Reati, questi, perpetrati ai danni di sette alunni dell’istituto del Napoletano. Quell’aggressione, tanto violenta quanto ingiustificata, che all’epoca destò parecchio scalpore, ha assunto dunque nuovi contorni alla luce delle indagini nate proprio da quel gesto così eclatante. Sono sette – si diceva − le presunte vittime: quattro maschi e tre femmine tra gli 11 e i 14 anni. Solo uno è un alunno sul quale la donna avrebbe dovuto esercitare la sua funzione di insegnante di sostegno. I fatti sono cominciati a trapelare quando uno dei minorenni coinvolti negli abusi è stato sospeso. Questo episodio avrebbe spinto sia lui che gli altri a confidarsi con i propri genitori, mostrando i messaggi scambiati via Instagram e WhatsApp con la docente. Si tratta in particolare di messaggi vocali che gli inquirenti avrebbero successivamente trovato anche nel telefono sequestrato all’insegnante, insieme con materiale pornografico compatibile con quello descritto dalle vittime che sono state ascoltate in audizioni protette nel corso delle indagini.
È stato così possibile ricostruire anche la parte dei reati contestati alla donna: reati avvenuti nella cosiddetta “saletta”, un luogo appartato della scuola, dove − a partire dall’ottobre 2023 – i sette minori sarebbero stati condotti, con la scusa di aiutarli a ripetere le materie scolastiche. Lì, la docente avrebbe più volte mostrato ai ragazzini video pornografici, avviato discorsi dai contenuti sessualmente espliciti e li avrebbe incitati a praticare sesso. In una circostanza, la donna avrebbe avuto perfino un rapporto con uno di loro. Lo stato di soggezione degli alunni rispetto all’insegnante e le minacce che questa avrebbe rivolto alle sue vittime, in particolare circa la possibilità di essere bocciati e di fare andare i genitori in carcere − minacce che sarebbero state rese più credibili dalla presunta relazione che la donna diceva di avere con un uomo appartenente alle forze dell’ordine −, spiegherebbero perché i minori hanno tenuto segreti gli abusi per lungo tempo.