L’udienza privata concessa da papa FRancesco alla famiglia Mautone, venerdì, in Vaticano - Collaboratori
«Un incontro che resterà indelebile nella memoria della nostra famiglia». Lo dice con la voce incrinata dall’emozione Valerio Mautone, mentre racconta i particolari dell’udienza, in forma privata, che papa Francesco, venerdì, ha riservato a lui e alla sua famiglia. Valerio in piazza San Pietro ci è arrivato a piedi, percorrendo il tratto della Via Francigena da Viterbo a Roma. Un pellegrinaggio di 120 chilometri in cinque tappe, segnate anche dal maltempo e dall’incontro con un lupo alle porte di Roma, che ha il valore di un voto e di una promessa.
Erano in 13 dal Pontefice, accolti «nel salone delle udienze importanti», scherza Mautone, compresi i genitori, il fratello (Raffaele), le due sorelle (Maria e Stefania) con relativi coniugi e figli. Valerio, 44 anni, origini partenopee ma da tempo trapiantato a Como, fa, anzi «è», infermiere all’Ospedale Sant’Anna di Como - San Fermo. Per lui, come per la sua famiglia, quello in corsia non si limita a essere un lavoro ma è una vera e propria vocazione. Ancora di più in questo tempo di pandemia.
È infermiere, da 40 anni, il papà, sono infermieri i quattro fratelli Mautone (e anche la moglie di Valerio, Emanuela, è infermiera). Dopo aver lavorato per cinque anni insieme al Sant’Anna, le loro strade si sono diversificate: Raffaele è andato al Cardiocentro di Lugano, in Svizzera, Stefania è tornata a Napoli, all’Ospedale dei Pellegrini, Valerio e Maria sono rimasti a Como.
«Quando è esplosa l’emergenza Covid – spiega –, c’era bisogno di 10 infermieri volontari per la rianimazione. Ci ho riflettuto per una notte, poi ho detto sì». Durante i mesi più difficili pure gli altri fratelli sono stati a contatto con pazienti Covid, in reparti diversi: Cardiologia per Raffaele, triage del Pronto soccorso per Stefania, Chirurgia per Maria. La mamma, che di mestiere fa la sarta, nelle settimane in cui le mascherine erano irreperibili si è messa a realizzare quelle in stoffa.
I Mautone hanno affidato la loro storia a una lettera inviata a papa Francesco, che ha espresso il desiderio di incontrarli. Da qui l’udienza di venerdì. «Davanti al Santo Padre – riprende Valerio – abbiamo voluto rappresentare tutti gli operatori del mondo sanitario e i tanti pazienti incontrati, quelli che sono guariti e quelli che non ci sono più». Il ricordo di quei giorni? «È stata un’esperienza stimolante dal punto di vista professionale. E molto difficile sotto il profilo psicologico: le persone erano malate e sole. Siamo stati a contatto con tanta sofferenza». E quando il peggio sembrava passato, a metà maggio Valerio si è ammalato. «Sentivo qualcosa che non andava nel respiro, ho fatto il tampone e sono risultato positivo».
Da lì un calvario di 42 giorni in isolamento, fino alla guarigione. «Mi sento un privilegiato. Per questo ho deciso di arrivare a Roma a piedi: ho camminato per tutti coloro che il Covid si è portato via. Penso anche al collega della Terapia intensiva dell’Ospedale Valduce, Xavier Chunga: ci siamo ammalati negli stessi giorni, ma lui una settimana fa è morto».
La famiglia Mautone ha portato un regalo speciale al Papa: le divise degli ospedali dove lavorano. «Gli abbiamo detto che erano intrise del sudore e delle lacrime di medici, infermieri e pazienti, e lui, che è profondissimo, ci ha risposto che sentiva battere il cuore di quelle persone».
Cosa lascia in eredità l’incontro? «Ha rafforzato la nostra fede e ci ha dato la certezza che il Papa non ci ha mai lasciati soli – afferma Valerio –. Così come non sono mancate le attestazioni di generosità e solidarietà per noi infermieri: cercheremo di dare sempre il massimo».