Il ricollocamento da Italia e Grecia riguarderà 32mila persone anziché 40mila. Prevista una revisione entro 6 mesi. Queste le decisioni del Consiglio Ue straordinario in corso a Bruxelles. Alfano: un primo passo. Forti (Caritas): poca solidarietà, aumentare i numeri. Ecco i Paesi più generosi e quelli meno.
Il Consiglio Ue degli Affari interni ha raggiunto a Bruxelles un accordo politico con numeri ancora insufficienti (5.000 posti un meno) sulla redistribuzione ("relocation") negli altri Stati membri di 40.000 rifugiati giunti in Italia (24.000) e in Grecia (16.000) da Siria, Iraq, Somalia ed Eritrea a partire dal 15 aprile scorso. I ministri dei Ventotto sono arrivati a offrire 32.256 posti nei vari Stati membri, con 7.744 posti che mancano ancora all'appello. Ma il funzionamento del dispositivo verrà riesaminato entro la fine dell'anno, per decidere come riempire il "buco" dei posti mancanti.
Un buco che in realtà è di 5.240 posti, per via di una compensazione con l'altro dispositivo approvato oggi, quello del reinsediamento ("resettlement") volontario nell'Ue di 20.000 rifugiati provenienti dai campi profughi di vari paesi terzi. In questo caso, infatti, gli Stati membri hanno offerto 22.504 posti, 2.504 in più del previsto.
"È un primo passo: abbiamo completamente coperto il primo anno.Si tratta di un piano su due anni, e il primo è Ok, abbiamo i 20mila posti che fra Italia e Grecia dovevamo avere", ha osservato, tutto sommato soddisfatto, il ministro dell'Interno Angelino Alfano uscendo dal Consiglio al termine della riunione. "Sul secondo anno - ha proseguito - la copertura non è ancora definitiva all'ultimo dettaglio, ma lo sarà entro dicembre". In cambio della "relocation", Italia e Grecia si sono impegnate ad applicare rigorosamente le direttive che impongono l'identificazione, con la presa delle impronte digitali, di tutti i migranti irregolari in arrivo, e di esaminare rapidamente ed efficacemente le richieste d'asilo, predisponendo dei centri appositi ("hotspots") sul loro territorio.
"È chiaro - ha detto Alfano a questo proposito - che noi dovremo mettere in campo misure organizzative che sono la parte di adempimento dell'Italia, e procederemo con la stessa progressività". Poco dopo, il ministro ha ribadito il concetto, che è anche un avvertimento per i paesi meno "generosi": "L'Europa - ha spiegato - ci chiede degli adempimenti: procederemo con la stessa progressione con cui procederà la fase di completamento del numero che deve portarci a 40 mila". "Noi - ha continuato - abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare, e ciascuno Stato si è assunto la responsabilità di partecipare o meno. È chiaro che non abbiamo avuto quello che avevano stabilito i capi di Stato e di governo, ma abbiamo avuto molto di più di quello che tutti i governi precedenti avevano mai pensato di avere", ha aggiunto il ministro dell'Intero, ricordando "tutto il dibattito sul 'burden sharing' (la ripartizione degli oneri, ndr) e l'equa distribuzione tra i paesi che non portò a nulla i precedenti governi".
"Oggi possiamo dire - ha concluso Alfano - che intanto siamo andati avanti, il primo anno l'abbiamo completato".Diversi paesi (soprattutto Austria, Polonia e Spagna) si sono rifiutate di assumersi la propria parte degli oneri, restando ben al di sotto delle soglie che aveva previsto la Commissione europea. L'Austria ha addirittura lasciato vuota la casella dei posti disponibili per la "relocation", mentre la Commissione gliene aveva chiesti 1.2013. Varsavia ha offerto 1.100 posti, meno della metà di quello che chiedeva l'Esecutivo Ue (2.659) e Madrid ha offerto 1.300 posti contro i 4.288 chiesti da Bruxelles. In realtà, entrambi questi paesi temono che l'accettazione della "relocation" possa entrare pesantemente nelle imminenti elezioni (in ottobre in Polonia e a novembre in Spagna) e dare armi polemiche agli avversari politici delle forze di governo, soprattutto sul fronte populista. Sul fronte dei paesi più "generosi", la Francia ha accettato la cifra esatta che le aveva assegnato la Commissione (6.752 persone) e la Germania si è offerta addirittura di andare molto più in là (10.500 invece di 8.763). Da notare anche la generosità dell'Irlanda, che ha deciso di accettare 600 rifugiati, pur avendo il diritto a un opt-out da questo tipo di decisioni, come la Gran Bretagna e la Danimarca, che invece si sono ben guardate dal partecipare allo sforzo.
Caritas: poca solidarietà
"Fa molto sorridere questo contenimento dei numeri, perché parlare di 5 mila persone in meno è come parlare di una goccia nel mare, è incredibile che i 28 si siano confrontati su numeri poco credibili. Qualche giorno fa dicevamo che già 40 mila era un numero poco sostenibile rispetto alla capacità che l'Europa potrebbe avere di accoglienza, dire 35 mila significa rimanere sulla stessa posizione e tranquillizzare qualcuno che non conosce la dimensione del fenomeno. Bisogna aumentare le cifre, e finora si è dimostrata poca solidarietà".Lo ha detto Oliviero Forti, responsabile immigrazione Caritas, aRadio Vaticana, sull'accordo europeo sui migranti.
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