mercoledì 22 aprile 2015
​Più condanne, processi, mancano esiti certi. Solo a Catania rinviate a giudizio 191 persone.
COMMENTA E CONDIVIDI
​L'ultima condanna per uno scafista è arrivata lo scorso 31 marzo a Palermo: 8 anni e mezzo per il tunisino Mathlouti Adel, 39 anni, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, come pilota di un barcone con 221 migranti siriani soccorsi dalla Marina militare il 29 agosto 2014, in pieno Mare Nostrum. Il 25 marzo ad Agrigento, il pm ha chiesto 20 anni per il tunisino Khaled Bensalem, 36 anni, accusato di disastro e omicidio colposo per l’affondamento il 3 ottobre 2013 a Lampedusa del barcone che provocò la morte di 366 migranti. Strage per la quale il 13 febbraio è stato condannato a 30 anni il somalo Mouhamud Elmi Muhidin, accusato di essere tra gli organizzatori di quel traffico. Le ultime condanne di un lungo elenco. Solo la procura di Catania, una delle più impegnate su questo fronte, lo scorso anno ha ottenuto il rinvio a giudizio di 191 persone e la condanna di 109 per traffico di esseri umani. E non sono da meno procure come Palermo, Reggio Calabria, Agrigento. Ma anche Salerno dove il 10 febbraio è stato condannato a due anni un altro tunisino poi espulso. Mentre a Ragusa il 28 febbraio ha patteggiato 3 anni uno scafista ghanese, al timone di un gommone sbarcato il 31 ottobre 2014 con 120 migranti, mentre altri 27 erano morti durante il viaggio. Stessa pena e stessa procura il 20 marzo per sette scafisti egiziani giunti in Sicilia con 442 migranti. «Per quanto concerne la tratta di esseri umani e l’immigrazione clandestina i dati registrano un incremento complessivo dei procedimenti promossi per tali tipologie delittuosa», scrive il capo della Procura nazionale antimafia (Dna) Franco Roberti nella Relazione annuale depositata un mese fa. Ma, si legge ancora, «non vi sono dati attendibili sull’esito dei processi penali e sulla percentuale delle condanne. La Dna si è rivolta al Ministero della Giustizia-Direzione Generale statistica, sollecitando l’aggiornamento dei criteri di annotazione al fine di avere questi dati, ma le modalità e i tempi con i quali le informazioni giungono al Ministero dai Tribunali e dalle Corti, non consentono ancora di ottenere rispose esaustive».Sicuramente arresti e condanne aumentano. Soprattutto dopo la sentenza della Consulta che ha bocciato il reato di immigrazione clandestina e la legge n.67 del 28 aprile 2014, che delega il Governo a depenalizzare, con uno o più decreti legislativi da emettere entro diciotto mesi, la norma dell’articolo 10-bis del Decreto Legislativo n.286/1998 che sanziona penalmente l’immigrazione irregolare. «Non può che plaudirsi – è il commento della Dna – all’iniziativa che riconosce, seppur tardivamente, l’assoluta inutilità e la sostanziale inefficacia della introduzione nel nostro ordinamento del reato di ingresso e soggiorno illegali nel territorio dello Stato». Che, denuncia la Procura, «ha avuto e ha, piuttosto, effetti negativi sulle indagini». Soprattutto perché «svilisce il valore delle dichiarazioni rese dagli stranieri sugli aspetti riguardanti il favoreggiamento della loro immigrazione, in quanto tali dichiarazioni, in attuazione dei criteri di valutazione della prova, sono diventate insufficienti da sole a costituire prova dei fatti e richiedono altri elementi di prova che ne confermino l’attendibilità». E quindi non spingeva a collaborare.Inchieste comunque difficili, come conferma il procuratore di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho che è riuscito a far condannare 24 scafisti, anche per associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina. «Bisogna cambiare strategia, bloccare gli scafisti nel loro territorio prima che affidino al mare tante persone disperate e sfruttate. Questa non è immigrazione ma tratta di esseri umani». Proprio la procura reggina insieme a quella di Catania è riuscita a colpire duramente le "navi madri", fin in acque internazionali, arrestando e poi facendo condannare scafisti e organizzatori. Operazioni confermate dalla Cassazione. E che funzionano. Al punto che, lancia l’allarme il procuratore, «ora gli scafisti partono sempre da più lontano e su barconi sempre più sgangherati».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: