È silenziosa via De Blasiis, vicolo tra i vicoli a ridosso di via Duomo. Non c’è fila davanti al numero 10, un alto palazzo che il colore giallo fa sembrare illuminato dal sole anche sotto la prima leggera pioggia di ottobre. Qui bussa la povertà che scorre come sangue amaro e acido in vene sempre meno profonde. Qui si riversa improvvisa in superficie e allora si mostra dinanzi ai varchi per lei aperti. Qui è il dormitorio pubblico, speranza di rifugio. Qui è il cuore della povertà a Napoli, città a sua volta epicentro della povertà. «Sono aumentati i poveri e quelli che prima erano già poveri lo sono ancora di più - ammette Sergio D’Angelo, assessore comunale alle Politiche sociali. - Conseguenza della mancanza di misure nazionali e regionali di contrasto alla povertà». In Campania ne è esempio il naufragio del reddito di cittadinanza, sostegno fallace sin dalle premesse. Era insufficiente in precedenza il dormitorio pubblico - all’edificio resta l’appellativo anche se sarebbe più giusto indicarlo per quello che nella sua complessità è, cioè un Centro di prima accoglienza per i senza fissa dimora. Ora lo stabile pare ancora più piccolo di fronte all’enorme aumento di richieste. Emergenza che si innesta su emergenza. «Da circa un anno - precisa il direttore Luigi Del Prato - la domanda di ospitalità è molto più alta rispetto all’offerta e noi non riusciamo a dare risposte adeguate. Una situazione legata alla crisi economica e sociale: sempre più c’è difficoltà a vivere con la pensione d’invalidità o con la pensione sociale. Da noi infatti non arrivano più solo persone prive di reddito, ma anche quelle con un reddito minimo». Il dormitorio di via De Blasiis ha disponibili 110 posti letto e sono tutti occupati. Lo stesso negli altri due centri di accoglienza comunali: Sant’Antonio La Palma e La Tenda, al quartiere Sanità. Complessivamente si arriva a 300 posti letto. «La richiesta è alta e la risposta limitata», conferma Mario Rimoli, della cooperativa sociale Il Camper, al Centro di coordinamento per i senza fissa dimora di Napoli. Un aumento progressivo nel corso degli ultimi dieci anni, ma che negli ultimi due ha raggiunto il picco. «La perdita di lavoro, e la conseguente rottura dei rapporti familiari, è al primo posto tra le cause dell’incremento della domanda di accoglienza - continua Rimoli. - Ci troviamo poi di fronte ad interi nuclei familiari che chiedono ospitalità: famiglie napoletane e immigrate. Vuol dire che la crisi sta colpendo i ceti più poveri e deboli». Difficile dare un numero ai senzatetto: solo intorno a piazza Garibaldi, dove è la Stazione centrale, ne gravitano 150 ogni giorno. «Stiamo lavorando per avere cifre precise e capire meglio il fenomeno e trovare risposte», ribadisce Rimoli. Nella notte tra l’8 e il 9 ottobre è stato fatto il censimento dei senza fissa dimora e i dati sono ancora in elaborazione. Complessa anche la conta dei poveri in generale. Secondo il Rapporto Caritas-Zancan, nel 2010 in Campania il 23,2% delle famiglie era sotto la soglia di povertà relativa, dato superiore alla media nazionale. A Napoli sono 5mila le persone in stato di abbandono. «Il nostro obiettivo è arrivare a 2mila posti letto», assicura Sergio D’Angelo e difatti il Comune ha individuato strutture a Secondigliano, a Miano, alla Sanità: qualcuna è già in via di ristrutturazione e adeguamento. «Servirebbero risorse enormi», nota Antonio Moscato, dirigente del Servizio contrasto delle nuove povertà e rete delle emergenze sociali del Comune. Nell’ambito di sua competenza il Servizio opera quindi una selezione degli interventi, a favore di quelli «che a lungo termine possano dare risposte concrete, senza per questo tralasciare le necessità di altri soggetti», spiega Moscato. Obiettivi principali delle azioni di accompagnamento, orientamento sostegno sono i minori rom, gli immigrati, le donne in difficoltà. «Nel complesso stiamo rafforzando la rete dell’emergenza sociale - afferma D’Angelo - anche per preparare misure mirate per le persone in questo momento più esposte alla povertà: madri sole, minorenni con figli. Ma lavoriamo sempre in emergenza e le nostre risposte sono per forza assistenziali. Occorrerebbero ampie politiche economiche e di sviluppo per affrancarsi dalla povertà. L’Italia - dice l’assessore con una punta polemica - ha bisogno di diventare un Paese più europeo nelle misure di contrasto alla povertà. Ne siamo privi, insieme alla Grecia. Ma la povertà - conclude - non ha tempo, non aspetta».