martedì 22 febbraio 2011
Il ripristino della norma costituzionale abrogata nel 1993 sull’onda di Tangentopoli torna a dividere gli schieramenti. Sircana: proposta utile, ma mi adeguo al partito. Bersani e Franceschini chiudono all’ipotesi di modificare l’articolo 68 Nettamente contrari anche Idv, Udc e Fli. Cicchitto: ma noi andiamo avanti.
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Muro delle opposizioni contro l’ipotesi di reintrodurre l’immunità parlamentare. Nonostante le aperture di alcuni parlamentari del Pd, la posizione del partito «è assolutamente contraria», ha chiarito il segretario Pier Luigi Bersani. «Noi siamo per ribaltare l’agenda e per dire che è ora di mettere all’ordine del giorno non l’immunità parlamentare, ma regole, onestà, sobrietà». Già in mattinata il capogruppo alla Camera, Dario Franceschini, aveva annunciato un «no senza ambiguità» alla reintroduzione dell’istituto. «Non esiste che per bloccare i processi di Berlusconi – dice – si dia l’immunità a lui e ad altri 944 parlamentari».Si adegua alla decisione del partito Silvio Sircana, cofirmatario del ddl costituzionale in Senato, che qualche giorno fa si era augurato un cammino bipartisan per la reintroduzione dell’immunità: «A me pareva di poter dare un contributo intelligente per dare un senso diverso ad un dibattito che si trascina ormai da troppo tempo – spiega l’ex portavoce di Romano Prodi – ma se il partito decide diversamente non ne faccio una malattia, io sono un parlamentare disciplinato». Non fa invece passi indietro Franca Chiaromonte, senatrice sempre del Pd e prima firmataria del testo. «Non ho nessuna intenzione di ritirarlo», chiarisce. Nel novero dei firmatari, tra l’altro, c’è anche il capogruppo dell’Udc a Palazzo Madama, Gianpiero D’Alia.La linea ufficiale del partito centrista è, però, improntata alla contrarietà. L’altroieri si è espresso il leader Pier Ferdinando Casini per il quale parlare di immunità significa «essere fuori dal mondo». E ieri il segretario Lorenzo Cesa ha ribadito: «Con questo clima di scontro tra presidente del Consiglio e magistratura è impensabile procedere ad una seria riforma della giustizia», spiega. Anche Savino Pezzotta tuona: «Non posso essere complice di un percorso che mira solo a salvaguardare il presidente del Consiglio. Il quale oggi ha un unico dovere: sottoporsi al giudizio come farebbe ogni cittadino normale».Più o meno le parole di Antonio Di Pietro.Ma l’ex pm si lascia anche andare all’evocazione di scenari cupi. La reintroduzione dell’immunità, infatti, «farebbe diventare il Parlamento il luogo più mafioso d’Italia, perché a quel punto i mafiosi verrebbero tutti in Parlamento per le autorizzazioni a non procedere». Altolà anche dai finiani che con Fabio Granata ribadiscono la loro «totale contrarietà» al provvedimento. «Il 90% degli italiani è contrario e il collegamento temporale ai guai di Berlusconi e della cricca è fin troppo evidente», dice il vicepresidente dell’Antimafia.«L’immunità era nella Costituzione», ricorda  il Pdl con Fabrizio Cicchitto - si tratta di ripristinarla. La maggioranza andrà quindi avanti su questo tema, ripete Cicchitto e anche la Lega, assicura, «voterà a favore ricordando il nostro impegno sul federalismo fiscale». Critiche al «no« del Pd e, in particolare, di Franceschini vengono dallo stesso Cicchitto («Bersani respinge ogni possibilità di confronto») e dal coordinatore del Pdl, Sandro Bondi: «È davvero singolare», dice, che «un erede della storia della Dc» si esprima «con lo stesso tono e le stesse parole di un Di Pietro». La posizione dei due dirigenti del Pd «non tiene conto di un dibattito interno ed esterno al loro partito e alle opposizioni, che non può essere liquidato con un no immotivato e stizzoso», reagisce Anna Maria Bernini. «Le opposizioni sono diventate un’autentica fumeria d’oppio da cui escono dichiarazioni allucinate», l’immagine del collega Osvaldo Napoli. Bocche cucite dal Carroccio, impegnato a portare a casa la riforma che più gli sta a cuore, quella federalista.La reintroduzione dell’immunità parlamentare, comunque, non è una novità, frutto dell’ultimo rilancio della maggioranza per la riforma della giustizia. In Parlamento, tra Camera e Senato, giacciono da tempo alcune proposte di legge, tra le quali quella di Giuseppe Calderisi, per reintrodurre con modifica costituzionale la norma cancellata sull’onda emotiva di Tangentopoli, con la legge costituzionale del 29 ottobre del 1993.
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