Paralizzate dalla mancanza di visione del futuro, le politiche sull’immigrazione, in Italia, si sono costruite su ondate di decreti-flussi e improvvisati rattoppi, come quelli all’emergenza profughi del 2011.È per combattere queste inefficienze che Fondazione Ismu, associazione Neodemos e Fieri (Forum internazionale ed europeo delle ricerche) hanno elaborato un pacchetto di «riforme per il governo delle migrazioni». Le proposte vengono inviate alle forze politiche in un momento in cui – per via della crisi – il fenomeno dell’immigrazione ha perso slancio. Ma non è un controsenso, tutt’altro: «La popolazione straniera in Italia è composta da 4 milioni di persone, ma tra 15 anni raddoppierà – spiega Gian Carlo Blangiardo dell’Università Bicocca – I motivi per cui un’azione va messa in campo sono tutt’altro che marginali».Al primo punto c’è il superamento della Bossi-Fini, con la reintroduzione del permesso di soggiorno per la ricerca del lavoro, su richiesta dello stesso migrante o di uno «sponsor» sul quale – precisano gli esperti – andranno comunque effettuati controlli: «Lo strumento dei decreti-flussi non funziona – taglia secco Massimo Livi Bacci dell’Università di Firenze e accademico dei Lincei – Il sistema di chiamata è spesso la principale causa delle irregolarità». L’indicazione è quella di costituire un’agenzia indipendente in grado di definire le linee guida per la programmazione delle poliche migratorie, e sottoporle al governo.Capitolo a parte è quello relativo alla gestione delle irregolarità. Le espulsioni, è scritto nel documento, «devono essere considerate l’extrema ratio», mentre, aggiunge Livi Bacci, «sarebbe importante adottare una via di emersione individuale, per evitare le "storture" delle sanatorie di massa». E se le misure proposte, assicurano i tecnici, sono «a costo zero, o quasi», nulla vieta di riflettere sull’attuale gestione, correggendo il tiro quando è il caso: «Oltre il 50% delle entrate dovute alla tassa sul permesso di soggiorno va al fondo rimpatri – spiega Ferruccio Pastore, del Forum internazionale ed europeo di ricerche sull’immigrazione –. I costi delle politiche di controllo hanno finito per drenare una quota eccessiva delle risorse». Quanto poi ai Centri di identificazione ed espulsione (Cie), riprende Vincenzo Cesareo, segretario generale della Fondazione Ismu, «se non si possono chiudere, vanno almeno resi più umani. Bisogna declinare la dignità delle persone anche in queste strutture». Dignità oggi spesso in bilico: «Mentre discutiamo di alleggerire la popolazione carceraria – afferma Ferruccio Pastore – utilizziamo in maniera sempre più indiscriminato lo strumento dei Cie per chi ha come unica colpa di avere infranto le norme sull’immigrazione. Questa schizofrenia della politica non è giustificabile né sostenibile». Il team di studiosi spinge perché l’Unione Europea non lasci soli i singoli Stati nella ricerca di intese con i governi africani e asiatici, e allo stesso tempo tolga le pesanti limitazioni al diritto degli immigrati regolari con permesso di lungo periodo di potersi trasferire, per motivi di lavoro, in un paese diverso da quello di residenza. La palla passa ora alla politica, nella speranza, concludono gli esperti, «che un tema così importante possa essere spogliato da quella partigianeria che negli anni ha portato solo a uno scontro tra posizioni contrapposte». Ma è troppo chiedere ai partiti di scendere dalle ideologie e ragionare coi piedi per terra?