La Corte d'Assise di Agrigento ha condannato a 30 anni di carcere il somalo di 34 anni accusato di avere gestito la tratta di esseri umani di un gruppo di eritrei che si trovavano a bordo della barca poi naufragata davanti alle coste di
Lampedusa il 3 ottobre 2013 in cui morirono 366 immigrati. Mohamud Elmi Muhidin, era stato riconosciuto da un gruppo di sopravvissuti alla strage di Lampedusa all'interno del centro di accoglienza.
Secondo l'accusa l'uomo avrebbe sequestrato, torturato e stuprato un
gruppo di 130 eritrei. Dopo il sequestro nel Sahara li avrebbe
rilasciati solo dopo il pagamento di un riscatto. Le indagini sono
state condotte dal pm della Dda di Palermo Geri ferrara che oggi era
presente alla lettura della sentenza.
Il comune di Lampedusa, che si è costituito parte civile ha ottenuto il risarcimento di 20 mila euro. Ad accusare Muhidin sono stati i testimoni che lo hanno riconosciuto.
Il sindaco Giusi Nicolini: un processo importantissimo
"È stato un processo importantissimo. Oltre alla condanna di uno degli aguzzini del viaggio che ha portato al naufragio del 3 ottobre, ha svelato l'intricato, organizzatissimo e crudele racket che lucra sulla tratta di esseri umani. Nessuno d'ora in poi potrà più meravigliarsi quando queste persone lasciano le coste
libiche salendo a bordo di barconi e affidandosi al mare in tempesta
per raggiungere l'Italia. Loro, il vero inferno lo hanno già visto".
Con queste parole Giusi Nicolini, sindaco delle Pelagie, ha commentato
la sentenza della Corte di Assise di Agrigento che, ha condannato il somalo, Mouhamud Elmi Muhidin, per associazione a delinquere
finalizzata alla tratta di esseri umani, sequestro di persona a scopo
di estorsione, violenza sessuale e favoreggiamento dell'immigrazione
clandestina nei confronti di 130 cittadini eritrei, poi coinvolti nel
drammatico naufragio del 3 ottobre 2013.
Grazie alla testimonianza di 8 superstiti del 3 ottobre e all'uso
delle intercettazioni telefoniche, oltre a Muhidin, in un'indagine
parallela, sono state arrestate anche altre 5 persone ad Agrigento e 2
a Roma, mentre per i due capi dell'organizzazione, individuati in
Libia e in Sudan, sono stati spiccati mandati di cattura
internazionali. Il Comune di Lampedusa era l'unica parte civile
costituita al processo, rappresentato dall'avvocato Daniela Ciancimino
del foro di Agrigento.
Gruppi di criminali e aguzzini
"La scelta di costituirci era doverosa e ci ha permesso di stare nel processo - ha aggiunto Nicolini -. Di appurare e capire ancora meglio quella catena di illegalità, violenza e umana disperazione a cui i migranti sono sottoposti, di cui il viaggio sui barconi è solo l'ultimo anello. Parliamo di aguzzini che sequestrano i
migranti a ogni tappa di avvicinamento alle coste libiche, liberandoli solo in cambio del pagamento di un riscatto, violentando sistematicamente le donne, sottoponendo le persone a un calvario che dura mesi, se non anni. E che conta su un'organizzatissima rete di gruppi criminali, con base in molti paesi europei. Le indagini della Dda che hanno portato a questo risultato - ha concluso - devono essere
utili alle istituzioni italiane ed europee per affrontare finalmente
un radicale cambio di strategia in tema di immigrazione".