Continua
l'emergenza immigrati a Milano, dove, alla
Stazione Centrale, sono accampati oltre 250 profughi, con diversi di loro che presentano problemi di salute. In queste ore si sta allestendo anche un
presidio sanitario per l'assistenza
e le prime visite mediche. Il presidio, dice il personale
dell'Asl, sarà pronto in serata e verrà recintato e
segnalato a tutti i profughi che necessitano di cure.
Sul posto
è prevista la presenza 24 ore su 24 di 15 unità di personale
sanitario e almeno un medico per nove ore, che deciderà su
eventuali trasferimenti in strutture ospedaliere.
"Ieri abbiamo lavorato fino all'una di stanotte circa per
portare almeno tutte le donne presenti in uno dei centri di
accoglienza milanesi", spiega uno dei dipendenti dell'Asl,
mentre la maggior parte degli uomini è rimasta a dormire tra
l'interno della stazione e piazza Duca D'Aosta. I profughi sono
principalmente di
nazionalità eritrea e siriana, la maggior
parte di loro è sbarcata nei giorni scorsi in Sicilia dalla
Libia.
"Si tratta di un'unità mobile
sanitaria di primissima accoglienza, il presidio visiterà
tutti i profughi che ci vengono segnalati dai volontari
presenti alla stazione centrale" spiega Giorgio Ciconali,
medico dell'Asl responsabile della struttura. Al momento il
presidio, che sarà in funzione dalle 9 di domani venerdì, è in
attesa dei farmaci di prima necessità, ma tra tutti il
pericolo numero uno si chiama
scabbia: "Di scabbia non si
muore, ma è comunque una malattia estremamente fastidiosa e
dobbiamo evitare il contagio tra i profughi. Stiamo aspettando
una fornitura di 500 pomate anti scabbia, e quando si
riscontreranno dei casi li isoleremo e cureremo".
Il cardinale Bagnasco: non diffondiamo la paura, cattiva consigliera
Il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, ha invitato a guardare al fenomeno dell'immigrazione e alle soluzioni dell'accoglienza "non con
paura, ma con realismo". A margine del national day della Santa
Sede a Expo, Bagnasco ha spiegato che non bisogna "alimentare
la paura" perchè "non è una buona consigliera". "Dobbiamo
affrontare i problemi con realismo - ha aggiunto - e con
disponibilità da parte di tutti".
L’eritro: voglio andare in Danimarca
Ha 28 anni Okubai ed è uno delle
centinaia di immigrati che sono arrivati in questi giorni
dall'Eritrea a Milano. Adesso bivacca alla Stazione Centrale
in attesa di proseguire il suo viaggio. "Voglio andare in
Danimarca, dove mio fratello vive da 7 mesi", ha spiegato in
arabo tramite uno dei volontari che operano in Stazione.
"Sono partito due mesi fa, ho attraversato l'Eritrea,
l'Etiopia, il Sudan e la Libia", ha raccontato mostrando un
biglietto con la scritta 'Ligurià. È stata la sua prima tappa
in Italia, prima di raggiungere Milano, dove è arrivato 4 giorni
fa. La notte dorme in stazione come altri 300 eritrei come lui,
che parlano quasi solo in tigrino, poco in arabo e pochissimo o
niente in inglese. Okubai sa dove vorrebbe andare, in Danimarca,
ma alla domanda su come arrivarci non riesce a dare una
risposta.
Roma, i profughi alla Stazione Tiburtina
Dormono sui cartoni, per terra.
Sdraiati su quell'asfalto che diventa incandescente di giorno.
Non hanno acqua né cibo, non hanno bagni. Ce n'è solo uno, ed è
a pagamento. L'ombra poi è poca, perché pochi sono gli alberi. E
allora si sta stretti, tutti vicini, in 500 che di sera
diventano 300, ad aspettare che le cose cambino. Sono gli
'invisibilì accampati nei pressi della Stazione Tiburtina, a
Roma: alcuni immigrati provengono dai barconi che approdano nel
Sud Italia, soprattutto etiopi ed eritrei, scampati alla fame e
alle guerre, altri vengono dai centri di accoglienza che hanno
poi deciso di abbandonare, altri ancora sono gli sgomberati di
alcuni campi abusivi della capitale.
Attendono un pullman che li porti via, verso una nuova vita:
in Germania, Austria, o comunque nel Nord Europa, fanno capire.
Ma molti non hanno i documenti, e le cose per loro si
complicano. Oltre al fatto che Berlino ha sospeso
temporaneamente il trattato di Schengen fino al 15 giugno per il
G7. E allora stanno fermi lì, a Largo Mazzoni, via Pietro
l'Eremita e via Cupa, dove c'è un centro di accoglienza.
La Croce Rossa Italiana, con un medico, infermieri e mediatori
culturali, e un camper ormai fisso, provvede a dare loro i pasti
e li assiste da un punto di vista sanitario. I farmaci sono
forniti dalla Asl RmA.
"Queste persone - spiegano dalla Croce Rossa - presentano
malattie dermatologiche, hanno ustioni provocate dalla nafta dei
barconi o ferite da arma da fuoco non curate. Qui proseguiamo
anche le terapie iniziate dopo gli sbarchi. Abbiamo circa 60
pazienti al giorno". Da stasera ci saranno nuove associazioni ad
aiutare gli immigrati, ma anche parrocchie.
Intanto alcuni passanti lasciano una bottiglia di acqua,
qualche cosa da mangiare, o un pò di spicci. E loro, gli
invisibili, ringraziano con larghi sorrisi, ma con la malinconia
di chi non sa cosa ne sarà della propria vita. Di certo, per
ora, c'è solo quel cartone sul quale dormire.