Dalla terrazza dell’albergo, il turista italiano affacciato sul porto di Lampedusa scatta foto con il suo smart-phone. Click al peschereccio che scarica il pescato della notte. Click alle barche che sembrano volare su un mare trasparente. Click agli amici.Il turista non si accorge di quello che sta accadendo sul versante opposto dello scalo marittimo, dove attraccano le motovedette della Guardia costiera, anche loro intente a scaricare il «raccolto» notturno: un gruppo di migranti recuperati in mare. Quando il turista viene a sapere che «si è perso un arrivo», dice: «Di emigrati ne vedo di più al semaforo, quando vado in ufficio».Infradito e ombrellone in spalla, l’assalto vero, per ora, è quello che c’è all’Isola dei conigli. Se gli occhi dei turisti sono ammaliati da questo mare, lo sguardo, teso e nervoso, di molti isolani scruta le onde nel timore di una forte ripresa degli arrivi di migranti e con loro il caos di un paio d’anni fa.«Conviviamo con questo fenomeno da tantissimo tempo. Quest’anno cercare di capire quanto può influire l’immigrazione rispetto alla crisi economica in Italia è difficile dirlo. La Federalberghi nazionale sta parlando già del 30 per cento in meno su livello nazionale. L’anno scorso a Lampedusa c’è stato un incremento. Quest’anno siamo pieni, giugno e luglio, agosto e settembre si vedrà. Ma non dimentichiamo che nel 2011, nel momento della Primavera araba, abbiamo subito un collasso del 65 per cento in meno di turisti. Ricordate, quando ci fu quello splendido episodio dell’invasione di Lampedusa da parte di migliaia di tunisini?» Non lo dice con sarcasmo, anzi ne sottolinea l’efficacia anche con il tono della voce «splendido», ripete Ezio Bellocchi vicepresidente Federalberghi di Lampedusa: 80 per cento della popolazione impegnata nel settore del turismo, 5mila posti letto negli alberghi, che salgono a 10mila con le case dei pescatori, i B&b e i piccoli residence. Un’offerta di un certo livello.«Dicevano che erano 6mila i tunisini, erano molto di più. Ce li hanno lasciati qua venti giorni. Pioveva, faceva freddo e avevano fame. Noi siamo 5mila abitanti. La loro fu una occupazione, e poteva accadere di tutto. Invece. Il Centro di accoglienza e l’aeronautica garantivano 1.300 pasti caldi al giorno, tutto il resto lo ha fatto la popolazione. Ancora una volta la comunità testimoniava il suo cuore incredibile». L’albergatore di dammusi Bellocchi, e altri imprenditori dell’isola, non si sono persi d’animo, alle promesse di referenti istituzionali approdate nel nulla, hanno reagito con il loro slancio: fiere e mercato internazionale, anche quello russo.«Offriamo la visione che è quella più giusta: un’isola che convive con l’emigrazione, e con un modello che funziona. Un «modello Lampedusa» che deve funzionare bene nel rispetto delle persone migranti e del loro passaggio sull’isola che, però, dopo 24 o 48 ore deve diventare un trasferimento, e spazio per altri naufraghi. Noi urliamo legalità: l’isola è un punto di primo soccorso che può funzionare bene solo con volontà e competenza. Non si può pensare di procedere sempre in termini di emergenza, quando tutti sanno che queste persone stanno arrivando. Invece ci ritroviamo nel caos del collasso e la stampa fa il resto. Non sono Ufo che appaiono d’improvviso. E poi basta con la parola «sbarchi», sono dei recuperi d’emergenza in mare a 180 miglia da qui: è come dire che andiamo a prenderli a Firenze per portarli a Roma».Il vicepresidente Federalberghi si pone una domanda: «Crediamo veramente che il «filtro della morte», questo canale, sia il deterrente che non li farà arrivare più o ne farà arrivare di meno? Nessuno ci crede: farne arrivare di meno, vuol dire farne morire di più. Allora, perché non andiamo a prenderli? Facciamo gli struzzi che nascondono la testa?. Questo fenomeno non lo fermeremo mai».«Solo gli arrivi via mare in Italia, non vorrei sbagliarmi, si aggirano attorno al 12-13 per cento di cui l’8 per cento a Lampedusa. L’altro 80 per cento perché non è un problema? Perché si continua a sottolineare Lampedusa: un accanimento sulla porta d’Europa da cui entrano le orde? Ma grazie a Dio siamo diventati un simbolo meraviglioso – conclude Ezio Bellocchi –. Tanto che tutto il mondo ha visto quello che siamo capaci di fare verso i nostri ospiti. Il mare non porta morte o nemici, non porta sventura, ma ricchezza con cui confrontarsi. Fortezze da noi non se ne sono mai costruite. Siamo preoccupati, è vero. Quando ci arriva la telefonata di una disdetta, ci tremano le gambe. Ma poi pensiamo alla nostra arma migliore: Lampedusa, i nostri ospiti e il loro passaparola».