Sul fronte della libera informazione, ormai, ogni giorno ha la sua pena. Ed è evidente il tentativo costante di mediazione e ammorbidimento condotto dalle più alte cariche istituzionali. Al Berlusconi che ieri, a conclusione della visita al comando operativo interforze all’aeroporto romano di Centocelle, si è nuovamente mostrato sferzante con i giornalisti e «la disinformazione» di cui sono «protagonisti», ha fatto da contrappeso il presidente del Senato Renato Schifani, pronto nel condannare «il contesto di tensione senza precedenti», contrario agli interessi degli italiani, col rischio che alla fine «perdiamo tutti». Passando davanti ai giornalisti che lo attendevano a Centocelle e gli ponevano domande sulle dimissioni di Dino Boffo da direttore di Avvenire, il premier ha invitato tutti a leggere «i giornali di oggi (ieri, ndr ) dove c’è tutto il contrario della realtà». Poi si è fermato un istante e ha aggiunto: «Abbeveratevi alla disinformazione di cui siete protagonisti». Un’altra breve pausa e ha concluso: «Povera Italia, con un sistema informativo come questo». Di diverso tenore le parole di Schifani, che parlava dal palco della Festa del Pd a Genova. Dopo aver ribadito la «solidarietà umana» a Boffo, ha parlato di «vicenda che si inquadra in un contesto di tensione senza precedenti. Ha ragione Fini quando parla di imbarbarimento. Io non penso che agli italiani piaccia che i quotidiani si occupino solo di vicende private». Quindi ha invitato l’opposizione a «proporre il proprio progetto per l’alternanza al governo del Paese», anziché alimentare polemiche sul piano personale. «Stiamo perdendo un’occasione storica per fare le riforme: c’è sordità reciproca. Se continuiamo così perdiamo tutti». Concetti che non sono serviti a bloccare la polemica intorno alle parole di Berlusconi, peraltro già scatenata. Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd al Senato le ha definite «tragiche, intimidatorie e che mettono paura». Secondo Dario Franceschini il premier «ha in mente un modello di stampa libera in cui il massimo che si può fare è passare dall’adorazione all’adulazione». Il sindacato dei giornalisti ha colto l’occasione per ricordare l’importanza della manifestazione del 19 in difesa della libertà di informazione, poiché il premier «manifesta una profonda allergia per la funzione stessa della stampa». Affermazione, quest’ultima, che si è guadagnata la replica di Filippo Fallica del Pdl, secondo il quale la posizione assunta dalla Fnsi dimostra che «le critiche del presidente del Consiglio agli organi di stampa sono assolutamente fondate». Nel Pdl c’è però anche chi non disdegna di insistere sulla necessità di riprendere a dialogare, abbandonando questi toni da «furore polemico», per dirla con Maurizio Gasparri. «La vicenda di Dino Boffo – ha detto il presidente dei senatori del Pdl – è spiacevole e voglio rinnovare la stima e la considerazione per lui. L’apporto al dibattito che viene da mondo cattolico è prezioso». Allo stesso modo il viceministro Adolfo Urso ha invitato a «fermare le macchine prima che le macchine distruggano persone e istituzioni». Osservazioni che sono anche di Raffaele Bonanni della Cisl, per il quale «le forze politiche sono impegnate su queste storie e poco a reggere le sorti della comunità». Preoccupato «per la libertà di stampa nel nostro Paese» il presidente delle Acli Andrea Olivero, che aderisce alla manifestazione del 19. Tornando alle opposizioni, emerge un Rocco Buttiglione severissimo con Vittorio Feltri: «Qualcuno ha voluto che questa bomba esplodesse, che andasse avanti montando sempre di più. Ovviamente per arrivare a uno scontro tra governo e Chiesa... Quando il cane morde la responsabilità è del padrone». Per Giuseppe Fioroni del Pd le dimissioni di Boffo rappresentano «la prima realizzazione pratica della strategia della rappresaglia mediatica». Di «rappresaglia» nei confronti di Boffo ha parlato anche il capogruppo del Pd alla Camera Antonello Soro. Dal canto suo Antonio Di Pietro è tornato a insistere sulla necessità che il Copasir apra un’istruttoria sul dossier contro Boffo «perché, con l’andata in porto delle sue dimissioni, domani ce ne sarà un altro e un altro ancora, fino a dittatura completa».