Quando arrivò nelle sale cinematografiche lui era un ragazzino, ma quarant’anni dopo Paul Newman e Robert Redford devono essere ancora i suoi miti se la prima immagine che viene in mente a Michele Emiliano quando gli chiedi a cosa serva il referendum di domenica è
La Stangata: «Il governo Renzi e i petrolieri italiani hanno provato a fare il colpo del secolo, proprio come Hooker e Gondorff - spiega ad
Avvenire il governatore pugliese, rievocando i protagonisti del
cult movie - e se non ci sono riusciti è perchè il referendum del 17 aprile può ancora revocare la norma che consente di sfruttare le concessioni senza alcun limite. A patto, naturalmente, che si raggiunga il quorum». Il rischio di fermarsi prima, persino al di sotto di quel 40 per cento che sarebbe considerata comunque una vittoria politica dalle nove Regioni che hanno promosso la consultazione sulle trivelle, è talmente presente che Emiliano ripete tre volte «andate a votare sì e soprattutto andate presto a votare, al mattino, perché ci sono molti sfiduciati che si convinceranno solo vedendo crescere, nei collegamenti televisivi e sul web, il numero di chi si è recato alle urne». Si capisce che in questi ultimi giorni di campagna referendaria, che trascorre facendo la spola dal Veneto alla Sicilia, l’invito al voto gli preme più delle polemiche con il governo, vuoi perché guarda già al secondo tempo delle riforme - annunciando una proposta di legge per neutralizzare l’accentramento della politica energetica -, vuoi perché considera il governo Renzi «senza alternative, almeno per qualche anno».
Cosa risponde al ministro Galletti che invita le Regioni a pensare meno ai referendum e più alle discariche? Ho letto l’intervista su
Avvenire e mi pare un banale tentativo di depistaggio, cioè di spostare il discorso dal referendum ad altre questioni, peraltro lanciando accuse generiche. Del resto, Galletti non è mai stato un interlocutore per le Regioni, nel senso che quando abbiamo un problema ambientale non pensiamo certo di risolverlo attraverso di lui, perché in questi anni non si è costruito una presenza politica in questo settore, come se gli interessassero poco questi problemi. Faccio un esempio: quanto abbiamo presentato a Parigi, in occasione di Cop21, il progetto di decarbonizzazione della Puglia attraverso i nuovi gasdotti Tap e Poseidon, spiegando come sarà possibile la conversione dal carbone al gas dell’Ilva e della centrale Federico II, tutto il mondo ci ha applaudito. Galletti era lì eppure ha taciuto, appunto come se la cosa non lo interessasse.
Non c’era nessuna alternativa al referendum? Guardi, questo referendum nasce per impedire una truffa. La dinamica è la stessa della 'Stangata' - se lo ricorda il film con Newmann e Redford ? - e i petrolieri hanno provato a fare lo stesso con l’aiuto del governo e con lo Sblocca Italia. Tutti sapevano che entro le 12 miglia marine era vietato trivellare ma i governi precedenti avevano previsto un’eccezione per le procedure in corso, un codicillo che pochi conoscevano, e quando hanno approvato lo Sblocca Italia, facendo fuori le Regioni dal processo decisionale, si sono rese 'eterne' le concessioni. Abbiamo chiesto al Ministero dello Sviluppo Economico di rivedere le cose, raggiungendo un’intesa Stato-Regioni come si è sempre fatto, ma il governo si è rifiutato di riceverci. Allora è scattata l’operazione referendum: il governo ha fatto qualche passo indietro, senza mai ammettere i propri errori, ma non è riuscito a compiere l’ultimo, quello che avrebbe cancellato il clamoroso regalo ai petrolieri che consiste nel liberalizzare, rendendole eterne, le concessioni già accordate entro le dodici miglia. Parliamo di 92 piattaforme, delle quali solo 44 funzionano davvero, ma le altre risultano 'in produzione' e finché sono tali non vi è obbligo di smantellarle: ciò vuol dire che le compagnie petrolifere italiane non debbono spendere milioni che non hanno per effettuare il decomissioning. Cancellando quell’obbligo, il governo ha salvato i conti dei petrolieri - che già pagano royalties ridicole e che spesso non le pagano neppure - ma anche quelli dei loro creditori, che sono le banche italiane. Ecco perché è una Stangata.
Cosa succederà se vincerà il 'sì'? Tornerà in vigore la normativa che impone alla società petrolifera di chiedere una proroga ogni cinque anni, accettando dei controlli, come vuole la legislazione europea, come vuole la Corte Costituzionale, come vuole la direttiva Bolkestein, che vale, chissà perché, per i concessionari degli stabilimenti balneari ma non per i petrolieri.
Non era possibile trovare un’intesa con il governo? Palazzo Chigi ha posto il veto. Credo che Renzi fosse convinto che gli italiani non avrebbero capito e che le Regioni si sarebbero messe di traverso. Invece, noi avevamo delle soluzioni per smantellare le piattaforme, utilizzando i fondi europei, visto che nelle leggi italiane - altra stranezza - non è previsto alcun fondo di accantonamento per il decommissiong.
Cosa farete se non si raggiungerà il quorum? Spero che si raggiunga e che gli italiani non si facciano fregare da chi crede che loro 'non capiscano'. E subito dopo il referendum lanceremo una proposta di legge, promossa dalle stesse Regioni, per la partecipazione delle popolazioni alle decisioni sui progetti strategici. La riforma costituzionale riporta le competenze in materia energetica sotto il controllo del governo, ma con la legge 'Sblocca democrazia' permetteremo al cittadino di non essere tagliato fuori. L’abbiamo pensata dopo aver letto la Laudato sì, che è un grande testo politico, oltre che religioso, che prende per mano l’umanità e la conduce fuori dall’adolescenza, ricordandoci quali responsabilità abbiamo verso la Natura.
La dialettica Stato-Regioni mostra la corda... Direi piuttosto che è fuori controllo la dialettica tra lobbies energetiche e Regioni, perché noi abbiamo uffici tecnici attrezzati, che conoscono il teritorio e rappresentano le istanze dei cittadini, un ostacolo per i petrolieri: meglio un ministero in cui tutto diventa invisibile e tutto diventa possibile, in cui, almeno finché non ci sarà una legge sulle lobbies, non riesci a capire chi è il lobbista e chi è il ministro.
Cosa rischia Renzi dal voto di domenica? Nulla, non ci sono alternative al premier per qualche anno. Rischia il Pd, che vede assottigliarsi il consenso e si presenta al voto con un senso di totale disorientamento.