sabato 19 febbraio 2011
Così il presidente del Consiglio lasciando Palazzo Grazioli ha risposto ai cronisti che gli chiedevano se a suo giudizio fosse giusto proclamare festa nazionale a tutti gli effetti il 17 marzo. Mentre il ministro Calderoli abolirebbe anche il Primo Maggio. Il presidente della Repubblica invita anche la Chiesa e il Papa a partecipare alle celebrazioni.
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«Credo di sì, credo valga la pena di festeggiare». Così il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi lasciando Palazzo Grazioli ha risposto ai cronisti che gli chiedevano se a suo giudizio fosse giusto proclamare festa nazionale a tutti gli effetti il 17 marzo.AMATO: «PECCATO PER SCELTA NON CONDIVISA»«Peccato che sulla festa del 17 marzo ci sia sta una scelta non condivisa». È il commento di Giuliano Amato, presidente del Comitato nazionale per i 150 anni dell'Unità d'Italia, sulla decisione del Consiglio dei ministri  e sul dissenso della Lega. «Avevo cercato di suggerire che soprattutto contava arrivare a una scelta condivisa - dice Amato -. Spero solo che la disputa non continui e non si allarghi». CALDEROLI: «ABOLIREI ANCHE IL PRIMO MAGGIO»«I patti erano chiari. Quando fu approvata la legge dei 150 anni, avevamo avvertito: diamo il via libera, ma a condizione che la festa non abbia effetti civili» ovvero «non si doveva stare a casa dal lavoro». Sono le parole del ministro leghista per la Semplificazione, Roberto Calderoli, in un'intervista a La Stampa dove, dicendo «un'eresia», afferma che «pure la festa dei lavoratori andrebbe celebrata lavorando». «Siamo stati un anno e mezzo senza che alle nostre aziende arrivasse un ordinativo - afferma Calderoli - e adesso che finalmente gli ordini arrivano, ecco qua, festa aggiuntiva, di giovedì, nel bel mezzo della settimana», con il rischio che «qualcuno profitterà per fare un ponte di quattro giorni». Il ministro sottolinea che si tratterà di una perdita economica per le imprese e di produttività e ci sarebbe anche un problema di copertura finanziaria, per rimediare alla quale non basterà l'abolizione della festa del 4 novembre. «Credo che alla fine abbia prevalso non tanto la volontà di Berlusconi - dice Calderoli - quanto la realpolitik». In ogni caso, la festa dei 150 anni dell'Unità d'Italia «porterà alla Lega una montagna di voti», afferma Calderoli, perché si dimostra che «dopo un secolo e mezzo l'Italia è divisa nemmeno in due, ma in tre tronconi». NAPOLITANO INVITA ANCHE IL PAPAAnche Papa Benedetto XVI parteciperà, in modalità che ancora devono ancora essere messe a punto, alle celebrazioni del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, che culmineranno nella festa nazionale del 17 marzo. A riferirlo è il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, uscendo da palazzo Borromeo, sede dell'ambasciata italiana presso la Santa Sede, al termine della cerimonia per l'anniversario della firma dei Patti lateranensi e della revisione del Concordato tra Stato e Chiesa. «È stato molto importante - sottolinea il capo dello Stato - l'impegno, ribadito anche dal segretario di Stato vaticano Bertone e dal presidente della Cei Bagnasco, per la partecipazione della Chiesa e anche, in qualche forma, del Pontefice, alla celebrazione del 150° anniversario dell'Unità d'Italia». Il Presidente Napolitano risponde ai giornalisti che gli chiedono dello stato dei rapporti tra il nostro Paese e il Vaticano, assicurando che «c'è una clima di cordialità nelle relazioni tra l'Italia e la Santa Sede».VIA LIBERA AL DECRETO, CHIUSI SCUOLE E UFFICI. CONTRARI BOSSI E CALDEROLIA lungo rinviato, il provvedimento sui festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia scatena un caso politico dentro il governo. La spaccatura va in scena in Consiglio dei ministri, quando si decide a maggioranza che il 17 marzo prossimo sarà festa nazionale. Votano contro i ministri leghisti Umberto Bossi e Roberto Calderoli, mentre Roberto Maroni dopo aver espresso la propria contrarietà lascia l’aula e si allontana senza partecipare alla votazione. Cambiano idea Mariastella Gelmini e Michela Vittoria Brambilla, che avevano avanzato delle perplessità sull’opportunità di chiudere scuole e aziende per un giorno. I due ministri adesso si esprimono a favore e lo stesso fa Maurizio Sacconi, che pure nei giorni scorsi si era fatto interprete delle richieste avanzate da Confindustria, tutt’altro che favorevole al blocco dell’attività produttiva.Ma è il no della Lega Nord, per quanto atteso, a infiammare gli animi. Sono soprattutto Ignazio La Russa e Giorgia Meloni a spingere perché il governo approvi il decreto legge, che sta a molto a cuore anche al Quirinale, da dove sono già partiti gli inviti ufficiali per le celebrazioni ai capi di Stato di tutto il mondo. Alla fine passa a maggioranza il testo dell’esecutivo, in cui «il governo invita i cittadini, le scuole, le istituzioni, i luoghi di lavoro a promuovere iniziative per celebrare degnamente il significato storico, etico e politico della ricorrenza». Un’iniziativa, si premura di precisare il comunicato ufficiale, «su proposta del presidente Berlusconi, che assicura la dovuta solennità e la massima partecipazione dei cittadini alle celebrazioni del 17 marzo 2011». La giornata sarà festiva a tutti gli effetti, dunque, e ciò basta per far infuriare Calderoli. Siamo di fronte a «un decreto legge privo di copertura, in un Paese che ha il primo debito pubblico europeo e il terzo a livello mondiale. In più, farlo in un momento di crisi economica internazionale è pura follia. Ed è anche incostituzionale». La risposta di La Russa arriva pochi minuti dopo: «Non c’è nessuna frattura o rottura con la Lega, ma solo una diversità di opinioni. Chiediamo a tutti rispetto, ma non obbligheremo nessuno a festeggiare».Per il resto della giornata, Berlusconi e Bossi tacciono mentre l’opposizione è lesta nel cavalcare le divisioni della maggioranza. Per il leader del Pd, Pier Luigi Bersani, «è una vergogna avere un governo che riesce a spaccarsi su cose di questo genere», mentre il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa, giudica «scandaloso» il comportamento dell’esecutivo. Nella maggioranza provano tutti a minimizzare, ma c’è da giurare che da qui al 17 marzo nuove polemiche sull’Unità d’Italia, nel centrodestra, riaffioreranno. Diego Motta
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