Non solo un tetto per i profughi. Anche l’accompagnamento. E sia chiaro: per loro, ma anche per i connazionali impoveriti dalla crisi. Così i vescovi delle 15 diocesi del Nordest: «Le nostre comunità parrocchiali, che già da tempo sono aperte all’accoglienza, attraverso la Caritas e le diocesi, s’impegneranno a creare dei nuclei di accompagnamento delle persone che in qualche modo, per il tempo in cui rimangono da noi, possano essersi integrate». È un salto di qualità nella solidarietà quello che lancia il patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, che a Bressanone ha presieduto la riunione, per due giorni, della conferenza episcopale del Nordest. I vescovi hanno trattato della nuova emergenza, che peraltro diventa sempre più strutturale, evidenziando in un messaggio che la loro preoccupazione pastorale è orientata sì ai profughi, ma anche agli italiani (e non solo) rimasti senza lavoro o che devono affrontare altri disagi, improvvisi o cronici che siano, e verso i quali vengono confermati gli aiuti di sempre, addirittura con borse lavoro, come si fa in alcune diocesi. «Soprattutto in vista dell’imminente Giubileo della Misericordia – sottolineano i presuli nell’appello rivolto ai loro fedeli, ma anche a quanti condividono l’apertura all’altro –, le comunità ecclesiali del Nordest si sentono chiamate ad offrire - con la generosità e il realismo da sempre presenti nella storia di queste terre (un tempo protagoniste di un fenomeno migratorio inverso) - una testimonianza di amore e fedeltà al Vangelo di Gesù Cristo, oggi sofferente nei tanti profughi come anche nelle tante persone e famiglie del nostro territorio provate da varie situazioni di fragilità e dalle difficoltà presenti soprattutto nel mondo del lavoro, attraverso gesti concreti e diffusi di accoglienza, integrazione e solidarietà rivolti verso tutti». Terra d’emigrazione, il Triveneto si qualifica da sempre per la sua generosità. Eppure è attraversato, talvolta, da paure e polemiche. I vescovi non hanno dubbi: «Bisogna contribuire a generare e continuamente ricostruire un clima di serena e cordiale convivenza nelle comunità locali chiamate ad accogliere, nel rispetto delle esigenze di tutti». Anche perché, secondo il patriarca Moraglia, «i toni forti possono pagare sul breve, brevissimo periodo ma quando si tratta di dare delle risposte che riguardano il bene comune i muri si sgretolano subito». Le Caritas ed i loro strumenti operativi costituiscono, al riguardo, un supplemento di garanzia. Si pongono, infatti, «come interlocutore stabile ed ufficiale sia nei confronti delle istituzioni locali - in un rapporto di stretta collaborazione - che nella specifica attività di supporto fornita alle realtà ecclesiali». Massima collaborazione, dunque, «creando – puntualizzano i vescovi – una rete di interventi e coinvolgendo più persone nell’assunzione di impegni e responsabilità, nel rispetto della legalità, di fronte ai diversi e numerosi servizi richiesti per un’adeguata accoglienza».
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