Bambini a scuola - Ansa
I desideri – che muovono le persone e il mondo – sono semplici e chiari: appartenere a una comunità, istruirsi, trovare un’anima gemella e formare una famiglia, possibilmente con due o più figli. Poi il sogno – o più prosaicamente il progetto di sé – fa i conti con la realtà. E si comprende che la cittadinanza è condizionata, l’istruzione superiore dipende dalla situazione economica dei genitori, il Paese viene percepito troppo “stretto” e su tutto grava l’incertezza, quando non la vera e propria paura del futuro. È un gioco di chiari e scuri quello che caratterizza il ritratto di bambini e ragazzi residenti in Italia, tratteggiato ieri dall’Istat in una ricerca. Quello di nuove generazioni sempre più digitali e multiculturali, ma sempre meno numerose.
Al primo gennaio di quest’anno, infatti, i residenti fra gli 11 e i 19 anni, oggetto della ricerca, erano 5.144.171, l’8,7% della popolazione. In Europa la media per questa fascia di età è del 9,5%, ma soprattutto 30 anni fa erano l’11,2% della popolazione e si prevede che nel 2050 saranno “solo” il 7,2%. Dei 5,1 milioni di ragazzi residenti, quasi uno su dieci è straniero, di cui però il 59,5% è nato in Italia, l’11,7% è nato all’estero ed è arrivato da noi prima dei 6 anni.
Tutti italiani, ma con doppia appartenenza
Nell’83% dei casi, i ragazzi stranieri sentono di essere italiani, ma anche della cittadinanza di origine. Tra gli stranieri nati in Italia la quota di coloro che si sente italiano è, come ci si può aspettare, più alta (85,2%). La percentuale diminuisce invece tra gli immigrati quanto più alta è l’età all’arrivo in Italia, toccando il minimo del 61,7% per chi è arrivato quando aveva 11 anni o più. Per i ragazzi, sia italiani, sia stranieri, cittadinanza significa soprattutto appartenenza (29,6%), comunità (25,9%) e diritti (28,5%). Pochi abbinano “cittadinanza” al termine “doveri” (3,7%). Ed è significativo che “essere italiano” per la maggior parte dei giovani sia sinonimo di “essere nato in Italia” (54% degli italiani, 45% degli stranieri). La maggioranza dei ragazzi (58,9%, si sale al 64,6 per le ragazze) pensa che chi nasce in Italia dovrebbe subito acquisire la cittadinanza (in pratica uno Ius soli), mentre un altro 21,7% è favorevole all’acquisizione di cittadinanza per i nati in Italia solo dopo un periodo di residenza. E qui c’è una prima sorpresa: i ragazzi stranieri sostengono meno degli italiani la cittadinanza per nascita ma questo dato è fortemente influenzato dalla comunità di minori cinesi, per i quali la Cina non permette la doppia cittadinanza e che perciò temono l’automatica esclusione dalla patria originaria. Il 62,3% dei ragazzi stranieri comunque vorrebbe diventare italiano, mentre il 25,6% è indeciso e il 12,1% non lo desidera. Anche in questo caso, escludendo i cinesi e altri piccoli gruppi, la percentuale sale al 70% circa, per esempio fra gli albanesi.
Sogno il liceo e l’università, ma dipende…
Tra gli studenti delle scuole secondarie di primo grado, evidenzia l’Istat, oltre il 50% pensa di iscriversi successivamente a un liceo, il 26,1% è indeciso, il 14,7% pensa a un istituto tecnico e l’8,4% si vorrebbe iscrivere a un professionale. Tra le ragazze risulta più elevata la quota di coloro che sono orientate verso i licei: il 60,6% contro il 41,6% dei maschi. Tra i ragazzi stranieri l’incidenza di coloro che vogliono proseguire gli studi al liceo è invece notevolmente più bassa (38,3%). A condizionare progetti e aspirazioni sono però in buona misura le condizioni economiche. Il 60,3% di coloro che ritengono che la situazione della propria famiglia sia “molto buona” intende andare al liceo, mentre manifesta lo stesso orientamento solo il 34,8% degli studenti che dicono di avere una situazione economica familiare “non molto” o “per niente buona”. “Background migratorio e condizioni socio-economiche risultano, quindi – scrive l’Istat - aspetti collegati alle aspirazioni dei ragazzi più piccoli. Tra l’altro, in questo specifico caso, si tratta di intenzioni che non sempre riescono a realizzarsi, con numerosi casi di ridimensionamento delle aspettative specie tra i giovanissimi di origine straniera”. Lo stesso fenomeno si può rintracciare per il passaggio all’università. In generale, si rileva che il 56,6% dei giovanissimi che frequentano le scuole secondarie di secondo grado è intenzionato ad andare all’università. Tra le ragazze, inoltre, la quota di chi vuole proseguire all’università è notevolmente più alta rispetto ai ragazzi: 67,4% contro 46,4%. Per gli stranieri è più bassa rispetto agli italiani: 44,5% contro 57,8%. E la forbice tra chi ha una famiglia con buona situazione economica o per nulla buona varia tra il 67 e il 46%.
Una gran voglia di famiglia
C’è - un po’ anche a sorpresa o forse no, essendo qualcosa di evidentemente naturale - una gran desiderio di famiglia fra i giovanissimi italiani. Il 74,5 pensa che da grande vivrà in coppia, il 72% di questi – quindi 53 su 100 del campione totale – vuole sposarsi (quota più alta per gli stranieri), meglio se prima dei 30 anni, prima dei 26 per un quarto delle ragazze. Forte è anche il desiderio di avere dei bambini: il 69,4% dei ragazzi e delle ragazze dice di volere dei figli, il 21,8% è indeciso e l’8,7% dice di non volerne. Tra le ragazze è leggermente più alta la quota di coloro che non vogliono figli (10,3%) e gli stranieri sono più indecisi degli italiani: 26,0% contro il 21,4%. Tema particolarmente problematico per le ragazze cinesi: il 24% non vuole figli e ben il 46% è indecisa. Al crescere dell’età l’incidenza di coloro che vuole avere figli aumenta e passa dal 63,3% nella classe 11-13 anni al 73,1% nella classe 17-19, assottigliando così la quota di indecisi. Da questi dati, forse con una sottolineatura di eccessivo ottimismo, nella presentazione della ricerca l’Istat scrive che «una ripresa demografica non sembrerebbe impossibile». Tuttavia, nello stesso studio si fa il confronto con la coorte di donne, nate nel 1973 che hanno messo al mondo 1,46 figli a testa, con il 78% di loro che ha avuto almeno un figlio. «Cosicché il fatto che solo il 69,4% dei giovanissimi abbia espresso di volere dei figli lascia intendere la necessità di dover creare le condizioni affinché almeno una parte di indecisi (21,8%) sia portata a cambiare idea in futuro», scrive lo stesso Istituto statistico. A riprova che molto, riguardo alla fecondità delle famiglie italiane, dipende dalle condizioni culturali, economiche, sociali e lavorative esterne alla coppia.
Ma il futuro preoccupa ed è altrove
Il 41,3% dei giovanissimi dice che il futuro lo affascina, ben il 32,3% però ne ha paura e il 26,5% non sa o non pensa al futuro. Rispetto all’indagine condotta nel 2021, la quota di coloro che si sentono affascinati dal futuro è diminuita di quasi 5 punti percentuali, mentre è cresciuta di 5 punti e mezzo la quota di chi ha paura e, fra le ragazze, è maggioritaria la quota di chi ha paura del futuro (42,1%, addirittura il 56% tra le 17-19enni) rispetto a chi ne sente il fascino (35,9%). La situazione economica condiziona moltissimo, com’è ovvio. Tra coloro che dichiarano di avere una situazione economica molto buona” chi è affascinato dal futuro raggiunge il 48,5%, chi ne ha paura il 26,9%; tra coloro, invece, che percepiscono la situazione economica familiare come “per niente” o “non molto buona” il 32,8% è affascinato dal futuro mentre il 40,8% ne ha paura.
In ogni caso il futuro è spesso immaginato altrove. Prospettando così una “fuga di cervelli”. Oltre il 34% dei ragazzi tra gli 11 e i 19 anni, infatti, da grande vorrebbe vivere in un altro Paese: negli Stati Uniti, in Spagna o in Gran Bretagna. E la percentuale è ancora più alta per gli stranieri (38,4%) e ragazze (37,9%).
Insomma, perché i desideri dei ragazzi possano realizzarsi nel nostro Paese, c’è davvero molto da lavorare in termini di opportunità, riduzione delle diseguaglianze e crescita della fiducia. Un programma per questa nuova generazione.