
ANSA
Il secondo vertice europeo nel giro di due settimane appare meno coeso: le crepe e le divisioni sulla difesa, soprattutto sul suo finanziamento, ieri si sono materializzate, sia pure senza drammi. Al Consiglio Europeo di primavera, solitamente dedicato alle questioni economiche, non erano attese decisioni. Il via libera di massima al Rearm Europe è già arrivato al vertice straordinario del 6 marzo, ieri la presidente della Commissione, la tedesca Ursula von der Leyen, ha illustrato il “Libro bianco” sulla difesa e il “Readyness2030” (che include il Rearm Europe) presentato solo alla vigilia.
«Il Consiglio Europeo – si legge nelle conclusioni del vertice – esorta a un’accelerazione del lavoro su tutti i filoni per rafforzare con decisione la capacità di esser pronti nella difesa entro cinque anni». Su insistenza di vari Stati (anche l’Italia) è stato aggiunto però un paragrafo in cui si sottolinea che questo dovrà essere «complementare alla Nato che rimane, per gli Stati che ne sono membri, il fondamento della difesa collettiva». L’occhio è proiettato anche al vertice dell’Alleanza del 24-25 giugno a L’Aja, nel quale il tema delle spese di difesa sarà centrale.
A Bruxelles si sono ben viste le divisioni su due punti: i finanziamenti degli ingenti investimenti necessari per riarmare l’Europa e anche il “cosa” includere nel concetto di difesa. Italia, Francia, Grecia e Spagna, pur avendo detto sì il 6 marzo, sono in realtà scettiche sul piano da 800 miliardi di euro (di cui solo i 150 miliardi del fondo Safe per prestiti agevolati sono reali, il resto sono stime di spese nazionali). Perché si tratta, in effetti, di nuovo debito, un problema per chi ne ha già tanto come soprattutto Italia, Grecia, Francia. Parigi ha già fatto sapere che non accederà né alla possibilità di attivare a livello nazionale la clausola di salvaguardia (che esclude dalle regole di bilancio fino all’1,5% di aumento, in rapporto al Pil, le spese di difesa aggiuntive), né a Safe. Anche la Spagna è dubbiosa, l’Italia sta valutando. La Grecia non vede un grande interesse nella clausola, visto che è già oltre il 4% del Pil per spesa militare. È chiaro insomma che servirebbe l’emissione di debito comune Ue per concedere sussidi, non prestiti, come accade ora con il Pnrr. «Vorrei esortare ad essere più ambiziosi», ha detto il premier greco Kyriakos Mitsotakis. Sul fronte opposto sono Paesi Bassi, Austria, Germania e Svezia. «Siamo contro gli Eurobond – ha detto il premier olandese Dick Schoof –, non è una novità». Questi Paesi “frugali” insistono che non si vada oltre alle opzioni previste dal Rearm Eu, mentre soprattutto Parigi, Roma ed Atene premono proprio per continuare a esplorare ulteriori possibilità.
La questione tornerà calda al Consiglio Europeo di giugno. Colpisce che Paesi solitamente “falchi” sul piano di bilancio come Danimarca e Finlandia sono ora favorevoli a Eurobond per la difesa. E colpisce pure che ieri, alla riunione del Ppe a livello di capi di Stato e di governo, sia stata approvata una dichiarazione finale in cui si parla di «strumenti finanziari aggiuntivi» che «possono esser ottenuti ad esempio attraverso strumenti di debito comune se necessario, purché chiaramente focalizzati sul rafforzamento della difesa europea». Anche se, a dire il vero, le interpretazioni sono variegate.
La discussione però è anche su che cosa si debba intendere per difesa. Italia e Spagna hanno fatto modificare il titolo del capitolo delle conclusioni in materia, da solo “Difesa europea” a “Difesa e sicurezza europea”. L’Italia chiede di includere nel concetto anche la gestione dei flussi migratori, la Spagna vorrebbe includerci il clima, i controlli alle frontiere esterne, la lotta al terrorismo e gli attacchi informatici. La Commissione e molti altri Stati Ue, però, non sono d’accordo.
Si è naturalmente parlato ancora una volta di Ucraina, con il presidente Volodymyr Zelensky collegato in video. Molti leader hanno affermato che al momento non c’è un vero negoziato di pace, bocciando la finta concessione di Vladimir Putin. Come già il 6 marzo, per il no secco dell’Ungheria la parte relativa all’Ucraina delle conclusioni è stata presentata come appendice firmata solo da 26 Stati membri. Il Consiglio Europeo, si legge, «si compiace per la dichiarazione congiunta di Ucraina e Usa» a Gedda ed «esorta la Russia a mostrare una reale volontà politica di porre fine alla guerra», assicurando che «l’Ue continuerà a fornire all’Ucraina un sostegno finanziario regolare e previsibile» e mantenendo l’approccio di «pace attraverso la forza». E rimangono però forti polemiche pure sul piano presentato la scorsa settimana dall’Alto rappresentante Kaja Kallas per finanziamenti da 20-40 miliardi, su base volontaria, per ulteriori forniture di armi a Kiev. Vari Paesi, tra cui Francia e Italia, l’hanno in sostanza bocciato, tanto che ieri l’estone si è limitata a presentare, come «primo passo», soltanto l’idea di spendere 5 miliardi di euro per fornire due milioni di munizioni di artiglieria.