«Spinto dalla sua smisurata ambizione », alimentata da una «preoccupante personalità», il generale Giampaolo Ganzer, comandante del Ros dei Carabinieri, avrebbe consentito «che numerosi trafficanti (...) fossero messi in condizioni di vendere la droga in Italia con la collaborazione dei militari e intascarne i proventi, con la garanzia dell’assoluta impunità». Sono parole contenute nelle motivazioni della sentenza con cui i giudici del Tribunale di Milano spiegano la decisione di condannare, il 12 luglio scorso, il capo del Ros a 14 anni di reclusione. «Il generale Ganzer non ha minimamente esitato – si legge nelle oltre mille pagine di sentenza – a fare ricorso a operazioni basate su un metodo assolutamente contrario alla legge, ripromettendosi dalle stesse risultati di immagine straordinari per sé e per il suo reparto ». I militari riuscivano cioè ad «arrestare trafficanti di sostanze stupefacenti» dopo averli indotti «ad acquistare a prezzi convenienti ingenti quantitativi di dette sostanze». Un «metodo » che al contrario l’ufficiale rivendica come legale ed efficace. Nel corso di una delle ultime udienze Ganzer lo aveva ribadito: «Questo è il mio metodo di lavoro, un metodo che ho sempre prescritto, fatto di attività strumentali, indagini antiriciclaggio e attività sotto copertura. È stato ed è un metodo corretto». Tattica investigativa, secondo il comandante del Ros, in linea con la legge e che ha portato a risultati «di rilievo assoluto». Dall’inizio del processo, cinque anni fa, 56 sono i latitanti arrestati dal Ros, con sequestri di droga e di beni per quasi 2 miliardi e mezzo di euro. Pur non avendo ottenuto la concessione di alcuna attenuante, l’alto ufficiale non è stato condannato per il reato di «associazione a delinquere », aspetto che indebolisce la ricostruzione accusatoria. Le presunte irregolarità in operazioni antidroga condotte negli anni ’90 sarebbero state commesse da un piccolo gruppo all’interno del reparto speciale dell’Arma. Oltre a Ganzer, sono infatti state condannate altre 13 persone, a pene dai 18 anni in giù, tra cui anche il generale Mauro Obinu (ora ai servizi segreti) e altri ex sottufficiali dell’Arma. L’accusa aveva chiesto per Ganzer 27 anni di carcere, ma i giudici lo avevano assolto dall’imputazione di associazione per delinquere, condannandolo per episodi singoli. Lo scopo delle operazioni attribuite dall’accusa al Ros e riconosciute per ora in primo grado, contro cui i legali hanno già preannunciato ricorso in corte d’appello, anche secondo i giudici era esclusivamente quello di realizzare clamorosi colpi investigativi. Non vi è stata, si legge ancora, «neanche una suddivisione dei ruoli tra gli imputati, diversa da quella esistente nell’ambito militare e in qualche modo funzionale alla commissione dei delitti di cui trattasi, e pertanto neppure sotto questo aspetto può dirsi che gli imputati abbiano costituito una autonoma struttura funzionale all’attuazione di un programma criminoso».