martedì 23 luglio 2024
Sono 2,7 i miliardi destinati dal Pnrr al recupero delle aree degradate. A Napoli la fetta più alta: 350 milioni. «Gomorra? Non abita più qui»
Gente in strada dopo il crollo

Gente in strada dopo il crollo - Fotogramma

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Non siamo all’anno zero, nonostante tutto. «Teniamo distinte le cose e proviamo a stare lontani dagli stereotipi – premette subito Marco Rossi Doria -. Nella sua drammaticità, che resta inaccettabile, la tragedia di Scampia ha svelato anche un altro volto delle Vele». Per una volta, la politica che pure ha accumulato storicamente forti ritardi sul tema, rimane sullo sfondo e la scena se la prende la società civile. «Anche ieri notte si è messo in moto un mondo e si sono mobilitate reti di impegno e solidarietà, formali e informali» osserva il maestro di strada, che oggi guida l’impresa sociale Con i Bambini, in campo in molti quartieri delle grandi città, e che in passato ha avuto anche incarichi di governo.
Se c’è un terreno su cui si misura la distanza tra Terzo settore e istituzioni, è proprio quello dei progetti sociali per chi vive in zone ad alta marginalità. Più è lontano il centro, più sembra inabissarsi il livello decisionale, più ci si ingegna a trovare soluzioni. Molte volte senza raggiungerle, in qualche caso invece con risultati positivi. «Alle Vele in parte si è fatto così, in parte non si è riusciti a fare nulla. Ma il mondo raccontato dalla serie tv di “Gomorra” non è più quello, da tempo. Quel terreno che sembrava arido e preda soltanto della camorra è stato reso in piccola misura fertile, nel frattempo, grazie all’impegno di centinaia di organizzazioni di volontariato che c’erano prima di noi e che ci saranno anche dopo, da parte di parrocchie e sacerdoti con grande tradizione e grande seguito, da persone che hanno promosso riflessioni sull’assetto urbanistico, sulla partecipazione e sulla cittadinanza attiva». È dunque insieme il teatro della sconfitta dello Stato, il sistema di Scampia, e contemporaneamente un luogo «innervato di società civile», riconosce chi è a contatto quotidianamente con l’emergenza sociale, pure diffusissima, com’è noto: donne sole, figli sempre più lontani dalla scuola, povertà cronica e diffusa.

Il Pnrr e le sue criticità

«L’obiettivo realistico in questa fase rimane quello della riduzione del danno – osserva Rossi Doria -. Se non ci fosse un esercito di educatori e volontari, di insegnanti e operatori civici, la situazione sarebbe molto più pesante. Eppure tutto questo non basta, se pensiamo che in tante zone del Mezzogiorno, come questa, c’è un livello di disoccupazione femminile tra i più alti d’Europa, oltre a un tasso di fallimento formativo molto significativo, mentre la precarietà economica rende instabili tantissime famiglie». Sono quelle che Sabina De Luca, membro del coordinamento Forum Disuguaglianze e diversità, segnala come «criticità e problematiche sotto gli occhi di tutti da moltissimi anni, che richiederebbero interventi ben diversi. Servirebbe una strategia pluridecennale», mentre l’impressione è che tutto cambi con i cambi di governo e di maggioranza, indebolendo alla fine i veri protagonisti della partita: gli enti locali, su tutti i Comuni e i sindaci. Il Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, ha destinato 2,7 miliardi per i cosiddetti Piani urbani integrati delle città metropolitane, con l’obiettivo di ridurre squilibri e affrontare le situazioni di degrado nelle aree periferiche delle metropoli. Proprio a Napoli, davanti a Roma, è toccata la somma maggiore, con oltre 350 milioni. Tutto questo sta funzionando? Secondo il Forum Dd, «non è il momento di fare interventi spot e distribuire fondi a pioggia. La stessa formula dei bandi – osserva De Luca – può essere iniqua se non c’è un affiancamento della pubblica amministrazione alle realtà del Terzo settore e viceversa. La specificità delle diverse realtà va fatta emergere».
Per questo, secondo Rossi Doria, «questo Pnrr va letto come una sfida, iniziata dal precedente governo e presa in carico dall’attuale. Ci siamo assunti un debito importante, per affrontare partendo dalle periferie i problemi che riguardano le nuove generazioni. Vuole un esempio? I soldi che arriveranno per gli asili nido non vanno destinati solo alle infrastrutture, ma anche a chi dovrà gestire questi spazi. A Scampia e non solo, ciò che conterà davvero è che i luoghi educativi si dimostrino funzionali e rispondano agli obiettivi che si sono dati».

Ciò che funziona

Il problema dunque non sembra essere solo quello di spendere le risorse, di per sè già complicato soprattutto in determinate regioni, quanto semmai comprendere come seguire l’andamento degli investimenti sul territorio: con quali tempi e con che modalità procedano le erogazioni, ad esempio. Mettere insieme le istituzioni che deliberano risorse con i cittadini che dovrebbero beneficiare dei progetti finanziati: è questo ciò che auspicano gli addetti ai lavori, anche se «i tavoli sono spesso lunghi e dispendiosi, per quanto necessari» riconosce De Luca. Il resto arriva da quel che già si fa, «un lavoro straordinario che mette insieme laici e cattolici - spiega Rossi Doria -. Ci sono persone che si conoscono da anni e che nel nascondimento, a Scampia come in altre zone d’Italia, fanno crescere nelle loro comunità un sentimento di appartenenza e di solidarietà necessario per affrontare le difficoltà. È per questo che non si riparte mai da zero».

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