venerdì 1 luglio 2011
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La riforma cancella la distinzione tra «legittimi» e «naturali» Bindi: atto di civiltà giuridica. Ma Binetti teme strumentalizzazioni di Bice Benvenuti Quattro articoli per modificare il codice civile ed eliminare dal­l’ordinamento le distinzioni tra lo status di figlio “legittimo” e quello di figlio “naturale”. So­no quelli approvati ieri dalla Camera che ha licenziato il te­sto unificato dei progetti di legge in «ma­teria di riconoscimento e di successio­ne ereditaria dei figli naturali», di cui è relatrice Alessandra Mussolini. Il prov­vedimento passa ora a Palazzo Mada­ma.«Un atto di civiltà giuridica che ab­biamo a lungo perseguito, mi auguro che il Senato faccia presto la sua parte», ha commentato il vicepresidente della Camera, Rosy Bindi. «Scritta una bella pagina per il diritto di famiglia», le ha fatto eco la deputata Udc, Paola Binet­ti. Mentre per l’esponente Idv, Federico Palomba, si tratta «di un buon passo a­vanti, ma avremmo voluto un po’ di co­raggio in più». Il primo articolo della riforma prevede di riscrivere l’articolo 74 del codice ci­vile per introdurre il principio che «la pa­rentela è il vincolo tra le per­sone che discendono da u­no stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione è avvenu­ta all’interno del matrimo­nio, sia nel caso in cui è av­venuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è a­dottivo». Non solo: «Il figlio nato fuori del matrimonio può essere riconosciuto», in base all’articolo 254, sia dalla madre che dal padre, «anche se già uniti in matrimonio con altra per­sona all’epoca del concepimento». E «il riconoscimento può avvenire tanto con­giuntamente quanto separatamente». Di conseguenza «tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico» e quindi, con l’in­troduzione dell’articolo 315-bis, anche pari diritti e doveri. Perciò «il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, i­struito e assistito moralmente dai geni­tori, nel rispetto delle sue capacità, del­le sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni». Inoltre «il figlio minore, che ha compiuto i 12 an­ni, e anche di età inferiore ove capace di discerni­mento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le que­stioni e le procedure che lo riguardano». Al tempo stesso «il figlio deve rispet­tare i genitori e deve con­tribuire, in relazione alle proprie capacità, alle pro­prie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché con­vive con essa». Con il secondo articolo si delega il governo a modi­ficare le disposizioni vi­genti in materia di filia­zione e di dichiarazione dello stato di adottabilità al fine di adeguarle al prin­cipio dell’unicità dello stato giuridico dei figli. Il terzo articolo prevede «mo­difiche alle norme regolamentari in ma­teria di stato civile» e il quarto esclude nuovi o maggiori oneri a carico della fi­nanza pubblica. «Un risultato di grande significato po­litico, culturale e sociale - ha sottolineato Bindi - , si sana­no le lacune del diritto di fa­miglia e si riconoscono il protagonismo e l’autonomia dei bambini, il valore delle relazioni affettive e dei lega­mi parentali». Ma «non vor­remmo, tuttavia - ha fatto presente Binetti - , che qualcuno stru­mentalizzasse questo risultato per so­stenere l’uguaglianza tra il matrimonio, così come previsto dalla Costituzione, e le coppie di fatto, perché questa è un’altra storia che, eventualmente, se­guirà un altro iter legislativo». Una preoccupazione più che fondata vista l’immediata richiesta avanzata dalla par­lamentare del Pd, Anna Paola Concia, di cancellare anche le discriminazioni verso i figli delle coppie gay perché «e­sistono nel nostro Paese, censiti, cento­mila figli che non sono come tutti gli al­tri: sono i figli delle famiglie omoses­suali ». Quattro articoli per cancellare ogni possibile e ancronistica discriminazione
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